Storia e leggenda di Pompei

Pompei

Ancora oggi proviamo un misto di fascino ed inquietudine per la storia e la sorte di Pompei. Nel 79 d. C. una violenta eruzione del Vesuvio pose fine alla vita di questa cittadina romana della Campania, oggi diventata il secondo sito archeologico più visitato in Italia (dopo il complesso museale del Colosseo, Foro Romano e Palatino) e patrimonio dell’UNESCO.

Sebbene le prime testimonianze di vita nel territorio di Pompei risalgano al IX sec. a. C., quando gli Opici occuparono il territorio in forma non stanziale, è accordato dagli studiosi che Pompei venne fondata intorno all’VIII secolo a. C. dagli Osci, uno dei primi popoli italici. Gli Osci costruirono originariamente cinque villaggi, i quali nel VI sec. a. C. vennero riuniti in unico agglomerato cinto di mura alle pendici del Vesuvio, non distante dal fiume Sarno, all’epoca ancora navigabile.

Grazie alla sua posizione strategica, Pompei divenne ben presto un importante centro commerciale marittimo, tanto che venne edificato un piccolo porto nei pressi della foce del Sarno (VI sec. a. C.). L’importanza di Pompei nei commerci attirò ben presto le attenzioni di Greci ed Etruschi prima, e dei Sanniti poi.

I Greci si sostituirono agli Osci intorno alla seconda metà del 700 a. C., non prima di aver occupato l’isola d’Ischia. Sebbene non sia mai stata occupata militarmente, Pompei divenne un’importante colonia greca e un florido centro di commerci. Risalente a questo periodo storico è la costruzione del tempio Dorico (ritrovato a seguito degli scavi archeologici). Il tempio non era situato nel centro della città, segno che i Greci non avevano intenzione di stabilirsi definitivamente a Pompei, ma solo di controllare le strade e il porto della città.

Dal 527 fino al 474 a. C. ai Greci subentrarono gli Etruschi. Anche in questo caso, gli Etruschi non occuparono militarmente Pompei, ma si limitarono ad amministrarla. Il motivo principale dell’arrivo degli Etruschi a Pompei fu quello di creare un collegamento con l’entroterra per Capua, fondata, secondo Strabone, proprio dagli Etruschi nel primo quarto del V secolo a.C.. Il fiume Sarno venne utilizzato come via di collegamento tra il mare e l’interno.

Con il controllo degli Etruschi, inoltre, vennero fortificate le mura, costruito un foro primitivo e il tempio di Apollo (il cui culto venne introdotto dai Greci).

Nel 474 a. C. gli Etruschi vennero sconfitti dai Cumani e Pompei tornò sotto l’influsso dei Greci, i quali diedero alla città un nuovo assetto urbanistico. Venne infatti rinforzata la cinta muraria nel tratto compreso tra Ercolano e porta Vesuvio, restaurato il tempio di Apollo e costituito un nuovo nucleo abitativo.

Nel 424 a. C. i Greci vennero nuovamente allontanati da Pompei, questa volta dai Sanniti (popolo italico stanziato nell’area centromeridionale della Penisola), che conquistarono la città. Con i Sanniti Pompei vide aumentare le sue mura, quindi raggiunse la sua massima espansione territoriale (raggiungendo la sua grandezza definitiva). Nonostante i Sanniti fossero storicamente alleati dei Romani, nel 310 a. C. i Sanniti pompeiani si schierarono in favore dei Nocerini che erano in guerra contro l’Urbe. Dopo una prima vittoria, i Sanniti di Pompei vennero definitivamente sconfitti dai Romani. La città campana entrò quindi nelle mire di Roma (anche se già nel 343 a. C. un primo esercito romano varcò per la prima volta le mura cittadine). Pompei rimase comunque governata dai Sanniti e resterà fedele ai Romani anche durante la terza guerra sannitica e nella guerra contro Pirro, ma ormai era entrata nel circuito economico romano.

Nonostante l’incertezza politica, nel III e II sec. a. C. Pompei continuava ad essere una città prospera, grazie soprattutto al commercio che continuava ad essere il vero motore economico della comunità, in particolare di vino e olio. La pace apparente di Pompei non era però destinata a durare per molto. Dopo la spartizione dei territori circostanti della città da parte dei senatori e l’esclusione degli abitanti dal diritto di cittadinanza romana, Pompei dichiarò guerra a Roma.

Già dal tempo dei Gracchi a Roma si avanzavano proposte d’estensione dei diritti di cittadinanza anche ad altri popoli italici fino ad allora federati, ma senza successo. Marco Livio Druso, tribuno della plebe, si schierò per la causa italica avanzando proposte di legge in favore dell’estensione della cittadinanza, ma la proposta non piacque né ai senatori né ai cavalieri. Dopo il suo assassinio, nel 91 a. C., gli italici (compresi i Sanniti pompeiani) si ribellarono a Roma (ad eccezione degli Etruschi e degli Umbri). Nel caso di Pompei, in vista dell’imminente battaglia, vennero fortificate le mura, costruite nuove torri e preparato un esercito. Dopo aver conquistato Stabia (Stabiae) ed Ercolano, l’esercito romano, comandato da Lucio Cornelio Silla, si diresse alla volta di Pompei. La difesa dei Pompeiani fu coriacea e, grazie all’aiuto dei Celti, i Romani dovettero momentaneamente ritirarsi. I Celti vennero però successivamente sconfitti nei pressi di Nola. Senza più alleati, la caduta di Pompei era ormai prossima. Nell’estate-autunno dell’89 a. C., la città venne conquistata dai Romani (in maniera incruenta) e divenne a tutti gli effetti una colonia romana. Gli abitanti divennero cittadini romani.

Dopo aver ricevuto lo status di municipium, nell’80 a. C., la città fu convertita da municipio a colonia, ricevendo il nome di Colonia Cornelia Veneria Pompeianorum.

La città subì quindi un processo di “romanizzazione”, tanto che sia il suo lato architettonico sia il lato istituzionale era divenuta molto simile all’Urbe. Tuttavia, lo stile di vita pompeiano non cambiò radicalmente: infatti, nonostante la lingua ufficiale fosse diventata il latino, si continuava a parlare l’osco e il greco.

Con la salita al potere di Augusto, nel 27 a. C., si assistette a una forte spinta verso la romanizzazione di Pompei, sia dal punto di vista architettonico che istituzionale. Molte ricche famiglie favorevoli all’imperatore si trasferirono qui. Numerosi patrizi portarono in città ricchezze terriere e attività commerciali, affiancate da nuovi modelli architettonici ed artistici che hanno come tema centrale la figura di Augusto, facendo diventare Pompei il luogo di villeggiatura preferito dal patriziato romano.

Negli anni successivi, con Nerone, si assistette nel 59 d. C. a una violenta rissa tra Pompeiani e Nocerini (documentata anche da una pittura su una casa plebea emersa dagli scavi archeologici). Tacito ricorda che in uno spettacolo di gladiatori nell’anfiteatro di Pompei, iniziarono alcuni screzi tra Pompeiani e abitanti di Nuceria Alfaterna. I primi erano risentiti del passaggio di Nuceria a colonia romana, che comportava la perdita di una parte del territorio agricolo appartenente in precedenza a Pompei. Dagli insulti si passò ben presto alle sassate e poi alle armi. Ad avere la peggio furono soprattutto i Nocerini, che riportano diversi morti e feriti. La vicenda giunse anche al Senato romano e venne deliberato che l’anfiteatro fosse chiuso per dieci anni e che venissero sciolti i collegia. Gli incitatori della zuffa vennero esiliati. L’interdizione dell’anfiteatro fu ridotta infine a soli due anni.

Il 5 febbraio del 62 d. C. Pompei subì la prima sciagura. Un violento terremoto (di intensità pari al V-VI grado della scala Mercalli) con epicentro a Stabia causò numerosi crolli di abitazioni, edifici pubblici, ma soprattutto diversi morti. I cittadini cercarono di riavviare le attività commerciali, ma il terremoto ebbe comunque un impatto negativo sull’economia della città. Molti tra i cittadini più facoltosi decisero di trasferirsi in altre città (per paura di altre calamità naturali) e il commerciò subì un brusco calo. Pompei cercò comunque di rimettersi in moto, soprattutto con la ricostruzione delle strutture crollate per il sisma.

Quando ancora i Pompeiani stavano provvedendo alla ricostruzione della città, una seconda terribile sciagura si abbatté sulle loro vite. La mattina del 24 agosto del 79 d. C. (o il 24 ottobre di quell’anno secondo altri studi) il Vesuvio eruttò, ponendo fine alla vita di Pompei. Oltre ad essa, vennero cancellate anche Ercolano, Stabia ed Oplonti (l’attuale Torre Annunziata).

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Era da ben 700 anni che il Vesuvio non dava cenni della sua pericolosità. Nonostante le scosse di terremoto dei giorni precedenti, i Pompeiani mai avrebbero immaginato che dietro a quell’imponente montagna ricoperta di vegetazione si celasse un vulcano di tale potenza distruttiva.

Intorno alle 13, non prima che si fosse alzata una enorme nuvola di fumo, il tappo magmatico che ostruiva il cratere si ruppe. Iniziò a quel punto un’incessante pioggia di lapilli e ceneri che investì la città. In sole cinque ore i materiali espulsi dal vulcano raggiunsero un metro di altezza, provocando i primi crolli degli edifici. Alle 6 del mattino del giorno successivo l’altezza del materiale vulcanico raggiunse i 2 metri. Dalle 6 del mattino stesso fino alle 8, la città venne raggiunta da tre flussi piroclastici (flussi di materiale magmatico e gas ad alte temperature che scendono dai fianchi di un vulcano ad alta velocità), l’ultimo di questi il più potente. Alle 10 del mattino la potenza eruttiva del Vesuvio andò scemando, ma per Pompei non c’era più nulla da fare. La pioggia di cenere si susseguì per altri quattro giorni.

Rifugiatisi inizialmente all’interno delle proprie case alla vista dell’enorme nube di fumo, allo scoppio della pioggia di detriti i Pompeiani tentarono di fuggire, ma inutilmente. Molti morirono per le esalazioni del gas, altri vennero investiti dai pomici eruttati e sepolti sotto metri di materiale vulcanico, dal quale affioravano solo resti di colonne e le parti più alte degli edifici. Molti Pompeiani fuggirono verso la spiaggia, ma il mare, che ribolliva per il calore sprigionato, si alzò in onde altissime. L’eruzione e i terremoti causarono infatti un maremoto. Coloro che fuggirono verso Ercolano trovarono la morte. Il numero delle vittime non è tutt’oggi accertato con precisione. Secondo i ritrovamenti i Pompeiani rimasti uccisi dalla furia del Vesuvio furono circa milleseicento. Tra le vittime ci fu anche lo scrittore e naturalista Plinio il Vecchio, rimasto ucciso a Stabia dalle esalazioni vulcaniche per osservare il fenomeno da vicino e per aiutare alcuni suoi amici in difficoltà.

Al termine dell’eruzione Pompei e tutta la zona circostante erano ricoperte da una coltre bianca, mentre il fiume Sarno a stento riusciva a scorrere. Di Pompei rimase solo un manto lavico spesso alcuni metri che cementificò gli abitanti e distrusse ogni forma di vita. L’imperatore Tito inviò in Campania una delegazione per il soccorso di eventuali superstiti e vietò il transito nella zona. Inoltre, Tito dispose che il materiale di ciò che restava delle abitazioni rimaste senza eredi fosse riutilizzato per la costruzione. La devastazione però era tale che nessuno pensò di ricostruire la città. Per volere di Adriano, intorno al 120 d. C., venne ripristinata nei pressi di Pompei la viabilità verso Stabia e Nocera, ma i resti di Pompei cominciarono ad essere ricoperti di vegetazione, sparendo definitivamente per i successivi 1700 anni.

Dopo la riscoperta di Ercolano, i primi scavi nell’area di Pompei si ebbero nel 1748, per volere di Carlo III Borbone (credendo di essere sulle tracce di Stabia). Dopo un periodo di scarsi ritrovamenti, gli scavi vennero interrotti per poi ripartire nel 1754. Nel 1763 si arrivò alla conclusione che i resti archeologici non appartenessero a Stabia, bensì a Pompei, grazie al ritrovamento di un’epigrafe nella quale si parlava chiaramente della Res Publica Pompeianorum.

Con il regno di Ferdinando IV vennero portati alla luce il tempio di Iside, il Foro Triangolare, la zona dei teatri, alcune necropoli e diverse abitazioni. Con l’occupazione francese venne finalmente individuata la cinta muraria, venendo tracciati quindi i confini della città campana. Grazie alle pubblicazioni volute da Carolina Bonaparte (moglie di Gioacchino Murat) Pompei cominciò a godere di grande fama in tutta Europa. Nel 1863, dopo l’unità d’Italia, venne introdotta la tecnica del calco. Questa tecnica consiste semplicemente, individuata una zona di vuoto, di riempirla con una miscela di gesso o cemento e acqua e, una volta solidificata, procedere con lo scavo. Il risultato è la copia esatta dell’oggetto o essere vivente con le sue forme, la sua posizione poco prima di morire, e nel caso di uomini o animali, anche i loro ultimi gesti, oltre a tracce di vestiti, suppellettili che avevano con loro e ossa.

Quali edifici e luoghi di Pompei sono giunti ai giorni nostri grazie agli scavi archeologici? Innanzitutto, cominciamo col parlare degli edifici pubblici.

Il Foro di Pompei era la struttura principale della città e rappresentava il centro politico, economico e religioso di Pompei. Edificato nel IV sec. a. C. dai Sanniti, nel II sec. venne ampliato e ristrutturato dai Romani, i quali aggiunsero intorno al perimetro della piazza numerosi edifici di ordine religioso e politico. In epoca augustea venne costruito il porticato, rifatta la pavimentazione, eretto un tempio in onore di Augusto e restaurato il Macellum, edificato nel III sec. a. C. dai Sanniti, utilizzato come mercato della città (specializzato soprattutto nella vendita di carne e pesce), ma anche luogo di banchetti in onore dell’imperatore.

A proposito di mercati, bisogna citare l’Edificio di Eumachia, utilizzato come luogo di mercato della lana o come sede della corporazione dei fullones (di cui Eumachia era protettrice).

È doveroso menzionare anche il Foro Triangolare, che venne edificato nel II sec. a. C.. Chiamato così per via della sua forma a triangolo, è situato sulla parte meridionale della collina sulla quale sorgeva Pompei. Venne riportato alla luce sul finire del ‘700.

Per distribuire l’acqua alla città venne creato il Castellum Aquae. Questi era posto ad un’altezza di 42 metri e il suo compito era quello di ricevere l’acqua proveniente dall’acquedotto del Serino e convogliarla in tre condotti, cosicché potesse raggiungere il centro abitato. Un sistema di saracinesche regolava il flusso d’acqua a seconda della disponibilità. Danneggiato dalle scosse sismiche del 62 d. C., il Castellum Aquae fu uno dei primi edifici ristrutturati vista la sua importanza. Tuttavia, al momento dell’eruzione del 79 d. C., non era in funzione.

Pompei possedeva anche un edificio militare in cui venivano addestrati i giovani alla lotta e alle arti gladiatorie e che fungeva come deposito di armi, la Schola Armaturarum. A causa di un crollo nel 2010, sono andati purtroppo persi gli ornamenti all’interno di questo edificio, come vittorie alate, rami di palma e candelabri.

A Pompei erano numerosi anche gli edifici ludici. Vi erano infatti numerosi teatri (dove venivano rappresentati spettacoli culturali come commedie, musiche e poesie), strutture termali, lupanari e palestre.

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Una delle strutture meglio conservate è senz’altro l’Anfiteatro di Pompei. Edificato intorno al 70 a. C., l’anfiteatro aveva una capienza di ben ventimila spettatori. Questi sorge nella parte sud-est dell’antica Pompei. La sua ubicazione non era casuale: infatti questa zona era poco abitata e quindi adatta per ospitare un’opera architettonica del genere, che avrebbe senz’altro intralciato la vita quotidiana di Pompei se fosse stata costruita in una zona più centrale. All’esterno presenta un ordine inferiore ad archi ciechi, realizzati in opera incerta, mentre l’ordine superiore presenta archi a tutto sesto. L’anfiteatro tornò alla luce nel 1748.

Altro importante luogo d’intrattenimento per i Pompeiani fu il Teatro Grande, nel quale venivano rappresentate commedie, mimi e pantomimi, e atellane (commedie dai toni farseschi, originariamente in dialetto osco). Il Teatro Grande venne edificato dai Sanniti, ma completato solamente dai Romani intorno al II sec. a. C.. Con Augusto ci fu una ristrutturazione totale, grazie alle sovvenzioni della gens Holconia, una delle famiglie più influenti di Pompei, impegnata nelle coltivazioni di viti. Il Teatro Grande si presenta in forma di ferro di cavallo (caratteristica dei teatri greci), distinguendosi quindi dal modello romano ad emiciclo. La parte riservata al pubblico è la cavea e poteva accogliere circa cinquemila spettatori; questa era divisa in tre parti. La parte dedicata al pubblico possiede a inoltre dei palchetti, chiamati tribunalia, riservati ad ospiti d’onore, i quali potevano vedere lo spettacolo in scena nel migliore dei modi. Il palcoscenico, invece, è rialzato di un metro e mezzo circa ed è munito di due scalette, con cui gli attori potevano accedere alla scena. Ai lati del palcoscenico invece ci sono due nicchie, che servivano per ospitare coloro che dovevano garantire l’ordine pubblico. La scena era protetta da un sipario ed era limitata da un’imitazione di un palazzo principesco, ornato con diverse statue. Resti di fontane e ninfei, che decoravano tutta la zona del Teatro Grande, sono stati ritrovati a seguito degli scavi archeologici.

Altro luogo di benessere molto importante per i Pompeiani erano le Terme Stabiane, il complesso termale più antico della città. Costruite intorno IV-III sec. a. C., le Terme Stabiane si trovavano in origine in una zona periferica della città. La struttura venne ampliata notevolmente e restaurata nel II sec. a. C.. Durante l’eruzione del Vesuvio, i lavori di rifacimento delle terme per il terremoto del 62 d. C. non erano ancora ultimati. La struttura si presenta con al centro la palestra porticata a base trapezoidale: le colonne, originariamente dalla forma più esile, furono pesantemente stuccate dopo il sisma del 62. Nell’ala orientale delle terme sono disposte le stanze per il bagno, ovviamente divise per donne e uomini. Ci sono il frigidarium (bagno con acqua fredda), che presenta una volta con cupola e raffigurazioni di soggetti marini; il tepidarium (acqua tiepida) e il calidarium (acqua calda). Il calidarium maschile presenta inoltre una vasca per le abluzioni. Nella parte occidentale delle Terme Stabiane c’è la piscina (con due piccole vasche utilizzate all’epoca dagli atleti), mentre a nord una latrina.

Nei pressi dell’anfiteatro sorge la Palestra Grande. Edificata verso la fine del I sec. a. C., la struttura non fece in tempo ad essere restaurata dopo il sisma del 62, quando sopraggiunsero le ceneri e i lapilli dell’eruzione del 79 d. C.. L’intera struttura ha una pianta rettangolare, lunga 141 metri e larga 107 ed è circondata da un muro di cinta. Dal punto di vista archeologico la Palestra Grande ci ha regalato importanti testimonianze dell’eruzione vulcanica. Al suo interno, infatti, sono stati rinvenuti gli scheletri di diciassette persone. I resti di quattordici persone sono stati ritrovati nei pressi del perimetro dell’edificio (con numerosi oggetti personali), mentre altre diciotto all’interno della latrina. Di un uomo è stato inoltre ricavato il calco: al momento dell’eruzione indossava degli stivali e un mantello col quale cercava di coprirsi la bocca per non esalare i gas tossici provenienti dal Vesuvio.

Numerosi sono anche i templi, che furono eretti quasi tutti tra il III e II sec. a. C., e poi ampliati e restaurati con la dominazione romana. Al momento dell’eruzione erano quasi tutti in fase di ristrutturazione a causa del sisma del 62 d. C..

Pompei

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Citiamo quindi il tempio di Apollo, uno dei più antichi di Pompei. La costruzione del tempio dedicato ad Apollo risalirebbe all’VIII o VII secolo a.C., come testimoniano alcuni reperti e si sarebbe trattato per lo più di un’area aperta dove sorgevano alcuni altari. Apollo era la divinità più importante per i Pompeiani, anche se, con l’arrivo del culto di Giove, perse d’importanza. Con l’imperatore Augusto il tempio fu adornato di un orologio solare e venne isolato rispetto alle altre casi circostanti tramite la costruzione di un muro.

Il tempio Dorico venne edificato nel VI sec. a. C. ed è uno dei templi con maggiore influenza ellenica. Ubicato nel lato ovest del Foro Triangolare, subì negli anni diverse opere di restauro, fino al 62 d. C.. I danni riportati dal tempio dopo il terremoto furono così ingenti che venne direttamente dismesso. Il tempio Dorico venne scoperto per la prima volta da Francisco la Vega tra il 1767 e il 1782, il quale scoprì per caso il podio. Le esplorazioni, spesso interrotte negli anni successivi, durarono addirittura fino al 1996. Tra i principali reperti ritrovati nella zona del tempio ci sono una serie di terrecotte e una metopa, facente parte della struttura prima del restauro del II secolo a.C., raffigurante il mito di Issone, tra Efesto ed Atena, mentre è legato alla ruota degli Inferi.

Altro tempio molto importante è quello di Giove. Risalente al II sec. a. C., il tempio ha assunto questo nome grazie al ritrovamento di una testa di una statua raffigurante Giove (il tempio era però dedicato alla Triade Capitolina).

Tra i templi più importanti di Pompei citiamo anche il tempio di Asclepio, così denominato a seguito del ritrovamento di statue in terracotta che si rifacevano al personaggio della mitologia greca; il tempio di Iside (nel quale era posta la statua dedicata alla divinità egizia); il tempio di Venere (costruito a seguito della conquista di Pompei da parte di Lucio Cornelio Silla); il tempio della Fortuna Augusta (edificato dopo il 13 a. C.) e il tempio di Vespasiano (Aedes Genii Augusti), dedicato inizialmente ad Augusto e in seguito a tutti gli imperatori che si sono susseguiti, fino ad arrivare a Tito Flavio Vespasiano.

Pompei era anche provvista di necropoli che, come previsto dalle leggi romane, sorgevano al di fuori delle mura, in prossimità delle porte d’ingresso alla città (otto). Le necropoli più importanti sono quelle di Porta Nocera (la più grande e importante), Porta Ercolano, Porta Nola, Porta Vesuvio, Porta Stabia e la necropoli del Fondo Pacifico.

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Di Raffaele pagani – Opera propria, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=84405672

E riguardo le abitazioni? Non sono molte le ville d’otium giunte fino ai giorni nostri. Le ville venivano spesso costruite lontano dal centro abitato e possedevano aree dedicate alle attività agricole. Tra le ville più importanti riportiamo la villa dei Misteri. Edificata nel II sec. a. C. e riportata alla luce a partire dal 1909, la villa dei Misteri è uno dei siti di Pompei più visitati in assoluto, grazie ai suoi affreschi splendidamente conservati all’interno del triclinio (il locale in cui veniva servito il pranzo), raffiguranti riti misterici.

La villa Imperiale venne riscoperta in seguito al bombardamento alleato del 1943 (che colpì anche gli scavi creando ingenti danni). Di grandi dimensioni, questa villa ospita al suo interno importantissime opere pittoriche, tra cui le rappresentazioni di Dedalo e Icaro; Teseo ed il Minotauro; Teseo che abbandona Arianna a Nasso.

Annoveriamo anche la villa di Giulia Felice, un’abitazione di grandi dimensioni (anche se 2/3 del complesso erano destinati all’orto) e utilizzata per l’affitto; e la villa di Diomede (una delle più vaste ed eleganti ville di Pompei) appartenuta a Marcus Arrius Diomedes.

Ma come sono strutturate le case di Pompei? Le abitazioni private si sviluppavano lungo gli assi viari, offrendo quindi l’ingresso nelle vie laterali e prevedendo spazi per le attività commerciali, quindi per i negozi o taverne. Nella fase osca (quindi agli albori di Pompei), le case dei cittadini più abbienti erano costruite su un modello che prevedeva un atrio scoperto, la cui utilità era quella di raccogliere le acque piovane e dare luce. Intorno all’atrio si diramavano le diverse stanze. Successivamente le case più importanti si costruiscono su due spazi, uno pubblico, per ricevere gli ospiti importanti e i clientes, e lo spazio dedicato alla famiglia.

Le case del ceto medio, invece, erano più piccole e composte per la maggior parte da un cortile centrale scoperto, intorno al quale si aprivano i vari cubicoli (piccoli ambienti destinati ad essere camere da letto) e un piccolo orto.

C’erano infine le case appartenenti ai commercianti, le pergule, piccole dimore utilizzate come botteghe e che possedevano piccole stanze, sfruttate sia come abitazioni che come magazzini.

Tra le case più importanti e che possiamo visitare annoveriamo la casa di Ottavio Quartione. Costruita nel II sec. a. C., deve il suo nome al proprietario di cui è stato ritrovato il sigillo. C’è poi la casa di Pinarius Cerialis, di proprietà di un intagliatore di pietre e gemme, in latino chiamato gemmarius. La casa del Fauno, risalente al II a. C., è una delle dimore più grandi di Pompei, possiede infatti due giardini con peristilio e due atrii. Inoltre, al suo interno, ci sono affreschi e mosaici di ottima fattura.

Citiamo inoltre la casa dei Dioscuri, che fu costruita negli ultimi anni di vita della città; la casa del Chirurgo, che deve il suo nome al ritrovamento, al suo interno, di numerosi attrezzi chirurgici; la casa del Citarista, così chiamata in seguito al rinvenimento di una statua bronzea di Apollo citarista e che era collocata nel peristilio; e la casa del Poeta Tragico, una tipica casa con atrio (anche se non di grandi dimensioni). Il nome della casa del Poeta Tragico deriva dall’emblema (riquadro) a mosaico del tablino, con la scena della prova teatrale di un coro satiresco. All’ingresso della casa vi è il famoso mosaico con un cane alla catena e la scritta CAVE CANEM (“attenti al cane”), tipico di altre abitazioni pompeiane.

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