Oggi è davvero complesso riuscire a cogliere appieno la grandezza della Porta che, nei secoli, ha guadagnato il titolo di Maggiore proprio per la sua imponente mole, conferito dagli stessi cittadini. L’antica struttura romana è ormai circondata da un intricato sistema di strade trafficate, piazze regolate da semafori e binari della linea tranviaria, che rendono il suo contesto moderno caotico a qualsiasi ora.
Nonostante ciò, da quasi 2000 anni la Porta continua a vegliare sulla vita dei romani. Fu costruita dall’imperatore Claudio nel 52 d.C. e, successivamente, integrata nel perimetro delle Mura Aureliane. Essa serviva a sostenere gli acquedotti dell’Acqua Claudia e dell’Aniene (Anio Novus), che attraversavano il suo attico, sovrastando le vie Prenestina e Labicana che scorrevano al di sotto.
Ciò che colpisce maggiormente è il bianco del travertino, il classico travertino romano, che brilla ancora di più grazie al recente restauro. I due imponenti fornici, ciascuno di sei metri di larghezza per quattordici di altezza, incorniciano le due vie sottostanti, adornati da edicole con semicolonne corinzie, timpani e un arco nell’edicola centrale. Nell’attico, scandito da cornici, è ancora ben leggibile l’iscrizione voluta da Claudio per commemorare la costruzione della Porta, insieme a quelle che documentano i successivi restauri ad opera di Vespasiano nel 71 e di Tito nell’81.
Come è accaduto per molti altri monumenti romani, anche Porta Maggiore ha subito diverse trasformazioni nel corso dei secoli. Circa trecento anni dopo la sua costruzione, nel 402, l’imperatore Onorio ordinò che fosse fortificata, incaricando dei lavori il prefetto di Roma, Flavio Macrobio Lonigiano, come testimoniato da un’iscrizione posta sul lato sinistro della Porta, in direzione del Piazzale Labicano.
Davanti alla porta, tra i due archi che affacciano sul Piazzale Labicano, si trova un sepolcro unico e curioso, composto da cilindri sovrapposti, che colpisce per la sua particolare forma. Questo monumento funerario, noto come tomba di Eurisace, è chiamato anche Panarium per via della sua forma simile a un forno, alludendo al mestiere del defunto, Marco Virgilio Eurisace, un fornaio che visse intorno al 30 a.C. Eurisace, probabilmente un liberto che aveva accumulato ricchezze, forniva il pane allo Stato ogni giorno.
Una delle particolarità di questo sepolcro, che venne alla luce durante gli scavi e la demolizione delle due torri cilindriche erette sotto Onorio nel 1838, è che all’interno furono rinvenute anche le ceneri della moglie di Eurisace, Atistia. Le ceneri erano custodite in un’urna artistica di straordinaria fattura, modellata a forma di madia per il pane, che oggi è esposta al Museo delle Terme di Diocleziano.
Anche Porta Maggiore, come altre porte delle Mura Aureliane, fu murata più volte nel corso dei secoli, soprattutto durante l’assedio dei Goti guidati dal re Vitige tra il 537 e il 538, per rafforzare la difesa della città di Roma.
Nel corso del tempo, l’antico monumento ha subito numerosi interventi, e nell’Ottocento, sotto il pontificato di Papa Gregorio XVI, fu intrapreso un nuovo restauro per correggere uno dei principali difetti strutturali della porta. Durante il rifacimento avvenuto sotto Onorio, infatti, la porta era rimasta visibilmente asimmetrica, un problema dovuto probabilmente al dislivello tra le due vie sovrastate dai fornici, la Prenestina e la Labicana.
Solo nel Novecento, però, la porta fu finalmente riportata alla sua forma originale. Durante i lavori urbanistici per la sistemazione del Piazzale Labicano, vennero recuperati anche i tratti delle due antiche strade romane, con le loro lastre di basalto e le impronte lasciate dai carri dell’epoca, ancora visibili sul posto oggi.