Sito archeologico di Volubilis

Volubilis

Ai piedi del monte Zerhoun, a 27 km a nord di Meknes, in Marocco, vi sono le rovine di uno dei siti archeologici più noti dell’Africa romana, inserito nell’elenco dei patrimoni dell’umanità dell’UNESCO: si tratta dell’antica Volubilis, città già abitata nel neolitico, sotto controllo cartaginese e successivamente regno berbero indipendente. Augusto la romanizzò, instaurando un regno compiacente ponendo sul trono Giuba II, figlio di Giuba I e nipote di Massinissa sovrani di Numidia, e la moglie di costui, Cleopatra Selenius. La giovanissima figlia di Cleopatra VII la Grande e di Antonio era stata educata a Roma con insegnamenti di cultura latina e greca. I due regnarono insieme avendo due capitali, Iol (Cesarea) e Volubilis, ed ebbero un figlio, Tolomeo, che regnò dopo di loro fino al 42 d.C., anno in cui fu assassinato da uomini agli ordini dell’imperatore Caligola.

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Di Jerzy Strzelecki – Opera propria, CC BY 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=2990261

Il regno di Mauritania (Marocco del nord e costa dell’Algeria) fu soppresso e posto sotto il controllo romano, suddividendolo nelle province di Mauretania Tingitana (nord Marocco, da Tingis oggi Tangeri) e di Mauretania Cesariensis. La regione era connessa alla rete stradale imperiale, che fungendo da dorsale dalla Spagna, arrivava alle Colonne d’Ercole. Divenne residenza dei procuratori che governavano la regione rispondendone direttamente all’imperatore. Volubilis visse il suo apogeo nel II e III secolo d. C. grazie al commercio dell’olio (una casa su quattro era dotata di un frantoio), del grano e degli animali selvaggi (leoni, pantere, elefanti).

Alla città di Volubilis spettò il comando del limes della Mauritania Tingitana. Essa subì numerose incursioni, da Luzio Quieto e i Mauri nel 117 e frequenti attacchi da parte di tribù berbere. Questo pericolo costante portò le autorità romane a porre rimedio al fine di arginare le scorribande delle tribù, costruendo un muro di cinta che circondava la città. Il suo declino e il conseguente abbandono si concretizzò alla fine del III secolo, non più compresa nei confini provinciali decisi da Diocleziano.

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Di Institute for the Study of the Ancient World – Flickr: Volubilis (VII), CC BY 2.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=29822747

Grazie alle iscrizioni superstiti ritrovate nel sito, sappiamo oggi che verso la metà del VII secolo era ancora presente una comunità di cultura latina e cristiana che sopravvisse fino all’avvento degli arabi, nonostante ormai le risorse idriche della città non erano piu sufficienti e l’acquedotto che alimentava la città smise la sua funzione. Il sultano Idris I vi stabilì la sua capitale nel 789. La città fu spogliata dei suoi elementi più preziosi e i suoi marmi destinati al riutilizzo per altri edifici, come nel caso del sultano Mulay Isma’il, il quale abbellì i palazzi di Meknes con le pietre di Volubilis. Nel 1755 un terremoto distrusse le strutture ancora in piedi.

Nel XIX secolo furono avviati una serie di importanti scavi che recuperarono i reperti oggi visibili. Sono visibili i resti imponenti della basilica, dalle due esedre contrapposte; il Capitolium, identificato grazie a una dedica dell’imperatore Macrino datata 217; resti di strutture di culto risalenti al I secolo, l’acquedotto e le eleganti terme. All’entrata ad ovest troviamo un imponente arco di trionfo eretto da Marco Aurelio Sebastiano e dedicato a Caracalla, come testimoniano le iscrizioni scolpite sul frontone. Più a sud rispetto al Foro e alla basilica si trovano i bagni pubblici. Lungo il decumano si trovano i resti di numerose domus, come la casa del corteo di Venere (la più ricca di Volubilis) e la casa delle colonne, decorate con bellissimi mosaici policromi, molto ben conservati: i più affascinanti si trovano nella cosiddetta “casa di Orfeo” (Orfeo con lira che incanta gli animali, Anfitrite su biga trainata da ippocampo, i nove delfini).

Volubilis, grazie alla posizione geografica, era anche una città dell’olio: massiccia è la presenza in numerose abitazioni di frantoi e contenitori per la produzione dell’olio d’oliva. Le vestigia archeologiche di questo sito testimoniano le diverse civiltà che lo hanno occupato nel corso di dieci secoli, dalla preistoria al periodo islamico.


Foto anteprima: Di Prioryman – Opera propria, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=22383927

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