Mogontiacum, che corrisponde all’attuale Magonza in Germania, fu una delle più importanti fortezze legionarie romane. Inizialmente, la regione della Renania era abitata dai Celti, ma dopo la conquista romana durante le guerre galliche (58-50 a.C.), i Romani vi fondarono un castrum, un accampamento militare, tra il 13 e l’11 a.C., che prese il nome di Mogontiacum. Questo accampamento fu istituito per ordine di Nerone Claudio Druso, noto anche come Druso maggiore, figlio della terza moglie di Augusto, Livia Drusilla, e fratello di Tiberio, futuro imperatore, con l’obiettivo di controllare le tribù germaniche dei Catti, Mattiaci e Vangioni e di proseguire le campagne di conquista in Germania.
Situato strategicamente su un’altura, il castrum permetteva ai Romani di monitorare i movimenti delle tribù oltre il Reno, controllando il punto di confluenza tra il Reno e il suo affluente, il Meno. Le vittorie militari che seguirono giustificarono l’importanza di questa fortificazione: tra il 10 e il 9 a.C., le truppe di Druso sconfissero i Mattiaci, i Catti e i Marcomanni. Inoltre, vennero costruite nuove fortezze, tra cui quella di Rödgen in Assia, e fu completata la Classis Germanica, la flotta imperiale romana che dominava il corso del Reno. Druso fu il primo a utilizzare la flotta Germanica, scavando un canale noto come Fossa Drusi, che collegava la Zuiderzee (un golfo nei Paesi Bassi) al Mare del Nord, consentendo uno sbarco sicuro sulle coste dei Frisoni e dei Cauci, minimizzando i rischi derivanti dalle correnti e dalle tempeste del mare aperto.
Druso morì improvvisamente nel 9 a.C. a causa di una caduta da cavallo, che gli procurò una frattura alla gamba e una successiva infezione. Secondo lo storico Svetonio, Druso si rifiutò di tornare a Roma dopo l’incidente e morì quindi a Mogontiacum. Durante i suoi quattro anni di campagne, riuscì a fortificare la provincia con numerose guarnigioni e a costruire più di cinquanta fortini lungo il Reno.
Dopo la morte di Druso, le operazioni in Germania furono affidate a Tiberio, che, dopo aver ceduto il comando ad altri generali di Augusto, nel 4-5 d.C., con il supporto dell’esercito di terra e della flotta, risalì il fiume Elba, sconfiggendo le popolazioni a ovest del fiume, tra cui i Longobardi. I popoli a est, come i Cimbri, i Charidi e i Semnoni, furono invece sottomessi.
Mogontiacum rivestì nuovamente un ruolo cruciale per i Romani nel 9 d.C., quando l’esercito romano guidato da Publio Quintilio Varo, composto da 20.000 soldati, fu sorpreso e annientato nella Foresta di Teutoburgo da una coalizione di tribù germaniche comandate da Arminio. In quella disastrosa battaglia, tre legioni romane e diversi reparti ausiliari furono completamente distrutti. Le tribù germaniche avanzarono, ma si fermarono nei pressi delle fortezze romane lungo il Reno, tra cui Mogontiacum e Castra Vetera (l’odierna Xanten), dove solo due o tre legioni rimanevano a difesa dell’intera provincia gallica. La reazione di Roma non si fece attendere, e ne scaturì un conflitto che durò sette anni. Anche se non furono annessi nuovi territori, i Romani riuscirono a ristabilire il controllo sulla Renania, con Mogontiacum che giocò un ruolo strategico fondamentale.
Tuttavia, Mogontiacum non visse solo momenti di gloria. Dopo la morte di Nerone, i Batavi, guidati da Gaio Giulio Civile, si ribellarono contro Roma, riuscendo a sconfiggere quattro legioni. Mentre gli accampamenti di Colonia Agrippina e Castra Vetera furono espugnati e incendiati, Mogontiacum resistette agli attacchi barbarici grazie all’intervento delle truppe del generale Quinto Petilio Ceriale, che salvò la fortezza da un destino simile.
Con l’avvento della dinastia Flavia, Mogontiacum fu elevata a capitale della provincia della Germania superiore, un’area che comprendeva parti dell’attuale Svizzera, Germania e Francia. Tuttavia, dopo la ribellione del governatore Lucio Antonio Saturnino contro l’imperatore Domiziano nell’88-89 d.C., Domiziano decise di ridurre il numero di legioni stanziate in ciascuna fortezza per prevenire future insurrezioni. Mogontiacum, come altre fortezze romane, ospitò quindi una sola legione, mentre attorno all’accampamento cominciarono a svilupparsi agglomerati urbani noti come canabae.
Nel III secolo d.C., Mogontiacum riacquistò importanza come baluardo sul Reno contro le invasioni barbariche. Nel 257 d.C., il tribuno militare Aureliano, futuro imperatore, respinse un attacco dei Franchi. Tuttavia, gli attacchi continuarono e nel 275 d.C., i Romani affrontarono nuove incursioni da parte dei Franchi, questa volta alleati con Alemanni e Burgundi. Mogontiacum fu ancora una volta decisiva per la difesa della frontiera gallica, e l’imperatore Marco Aurelio Probo riuscì a riconquistare l’intera area nel 278 d.C.
Nel 406-407 d.C., però, Mogontiacum subì la sua prima grande sconfitta quando i Vandali riuscirono a penetrare e saccheggiare la città. Da quel momento, la città fu vittima di ulteriori saccheggi, l’ultimo dei quali avvenne nel 451 d.C. ad opera degli Unni di Attila.
Ma cosa possono vedere oggi i visitatori nell’attuale Magonza?
Uno dei principali punti di interesse è il Museo delle navi romane (Museum für Antike Schifffahrt), inaugurato nel 1994. Il museo espone una vasta collezione di imbarcazioni antiche, tra cui barche, canoe, navi mercantili, motovedette e navi da guerra. Il fulcro dell’esposizione è costituito dai resti di cinque navi romane ritrovate sulla riva destra del Reno nel 1981-82. Sebbene queste navi non siano giunte fino a noi nella loro interezza, gli archeologi hanno ricostruito fedelmente alcune di esse, come la Navis lusoria, utilizzando una scala 1:1. Per completare le parti mancanti, si sono basati su elementi chiave dei relitti stessi, come tracce di chiodi e incastri, nonché su immagini presenti in mosaici, affreschi e monete. Il museo include anche una sezione dedicata a rilievi romani che raffigurano navi, offrendo così un’ampia panoramica della navigazione nell’antichità.
Un monumento di grande importanza a Magonza è la Grande colonna di Giove, eretta nella seconda metà del I secolo d.C. in onore del dio Giove. Questo imponente monumento fu distrutto durante il tardo periodo dell’Impero Romano, ma i suoi resti furono riscoperti tra il 1904 e il 1905. Oggi, la colonna ricostruita è esposta nella sala di pietra del Landesmuseum di Magonza, mentre copie della stessa si trovano a Roma, nel sito archeologico di Saalburg e a Saint-Germain-en-Laye. I primi frammenti della colonna furono scoperti nel dicembre del 1904 da Ludwig Lindenschmit, allora direttore del Museo Romano-Germanico centrale di Magonza, insieme al suo team. In totale, furono rinvenuti quasi 2.000 frammenti di varie dimensioni. Nonostante l’importanza della scoperta, i resti della colonna rimasero all’aperto per diversi decenni, fino a quando furono finalmente esposti nel 1936 nella sala di pietra del Landesmuseum. La colonna è ornata da una serie di rilievi raffiguranti 28 divinità, tra cui Nettuno, Diana, Vittoria e Marte.
Un altro importante monumento è il Cenotafio di Druso, una struttura eretta dalle truppe di Druso in onore del loro comandante, che morì nel 9 a.C. a seguito di una caduta da cavallo. Il monumento, alto 30 metri, è costituito da una base cubica di 12,20 x 12,50 metri e da una sovrastruttura rotonda di 10,70 metri di altezza, originariamente coperta da un cono. Situato presso la cittadella di Magonza, vicino ai resti dell’acquedotto romano (Römersteine), è considerato il più grande monumento funerario romano ancora conservato in Germania. Durante l’epoca romana, il cenotafio era rivestito con lastre che lo rendevano ancora più imponente, e sulla sommità poteva trovarsi un’aquila dorata, una pigna dorata (da cui il soprannome di “monumento della ghianda”) o una statua dorata di Druso. Oggi, di questa struttura rimane solo la parte muraria.
Un altro significativo reperto romano è l’arco di Dativius Victor, uno dei più importanti monumenti romani ricostruiti in Germania. Costruito a metà del III secolo d.C., l’arco faceva parte di un portico di un edificio pubblico di Mogontiacum. L’iscrizione sull’attico, completamente preservata, testimonia la dedica del monumento da parte del decurione Dativius Victor. Tra il 1978 e il 1981, l’arco fu ricostruito e ora è esposto nella sala di pietra del Landesmuseum. Il monumento è alto 6,50 metri, largo 4,55 metri e profondo 0,70 metri, con un diametro interno di 2,40 metri e un’altezza sotto la volta di 3,90 metri. Originariamente costituito da circa 75 elementi, l’arco è stato solo parzialmente conservato nella parte posteriore, che probabilmente era poco o per nulla decorata.
Infine, è importante menzionare il santuario di Iside e della Magna Mater. Questo tempio, probabilmente edificato durante l’età flavia, fu scoperto nel 1999 durante i lavori per la costruzione di una galleria commerciale nel centro di Magonza. Una petizione dei cittadini portò alla decisione di conservare i resti romani in un apposito sotterraneo del nuovo edificio, evitando così che fossero rimossi per permettere la costruzione del centro commerciale.
Le iscrizioni rinvenute confermano che il santuario era dedicato a Iside e alla Magna Mater, con Iside venerata con gli epiteti di Panthea e Regina. Il culto di Iside aveva acquisito importanza sotto gli imperatori Flavi e il santuario di Mogontiacum potrebbe essere stato eretto per volere imperiale, come indicano i marchi trovati sui blocchi di pietra. Il complesso comprendeva un’area consacrata circondata da un muro di cinta, all’interno del quale si trovavano diverse strutture. L’accesso al santuario avveniva tramite un diverticolo laterale che si diramava dalla via principale. All’ingresso vi erano una latrina e strutture in legno, probabilmente utilizzate come luoghi di riunione e culto, dotate di focolari e una fontana.
All’interno del recinto sacro si trovavano due tempietti rettangolari. Il santuario ha restituito numerosi oggetti, monete e statuette, tra cui figure di animali destinati al sacrificio, statuette di Venere e Mercurio, e una statua bronzea di un nano con mantello e ghirlanda. Sono state rinvenute anche circa 300 lucerne e tracce di offerte di cibo e animali agli dei. Inoltre, sono emerse 34 maledizioni, scritte su bigliettini in latino volgare e classico, destinate a persone accusate di crimini, inclusa una rivale in amore. Sono state trovate anche figurine d’argilla trafitte da spilli, simili a quelle usate nei riti voodoo, con una di esse recante una lamina di piombo con il nome della vittima della maledizione. Il santuario rimase attivo per circa 250 anni, subendo ampliamenti e ristrutturazioni, fino a essere progressivamente abbandonato alla fine del III secolo d.C., quando il culto perse importanza.