Marco Vipsanio Agrippa: l’artefice dell’ascesa di Ottaviano

Marco Vipsanio Agrippa

“E così morì Agrippa, che si era distinto come il più nobile dei suoi contemporanei e che aveva beneficiato dell’amicizia di Ottaviano, guardando al maggior vantaggio possibile per il suo princeps e per la res publica”. Con le parole di Cassio Dione si può riassumere l’intera vita di Agrippa, un uomo che cambiò la Storia ed il volto di Roma sostenendo il suo amico (ed in seguito parente), Ottaviano Augusto. Un uomo che, nonostante aver vissuto all’ombra della popolarità e immagine di Augusto, fu fondamentale per la politica del princeps che fondò una nuova Urbe ed istituì una nuova organizzazione statale. È lecito affermare che, senza Agrippa, Augusto non sarebbe mai riuscito ad arrivare così in alto e lontano, soprattutto grazie alle spiccate doti militari dell’amico che permisero ad Ottaviano di vincere le numerose guerre si presentarono sul suo cammino. E, di conseguenza, è facilmente comprensibile come senza Agrippa la storia di Roma sarebbe stata notevolmente diversa.

LE ORIGINI ED IL SODALIZIO CON OTTAVIANO

Marco Vipsanio Agippa nacque probabilmente ad Arpino, oggi provincia di Frosinone, nel 63 a.C. Già questo può essere considerato un segno del destino, visto che vide la luce nello stesso anno in cui nacque Ottaviano. Della sua infanzia e giovinezza sappiamo ben poco, e ciò alimenta le ipotesi per cui Agrippa fosse un membro di una famiglia non nobile, anzi probabilmente appartenente ad una classe sociale medio-bassa. Di conseguenza, considerando che si hanno anche dubbi sulla reale città natale (alcuni studiosi affermano che Agrippa fosse nato nei dintorni di Pisa, avendo dunque chiare origini etrusche), non ben noto come ed in che modo Agrippa ed Ottaviano si fossero conosciuti. Il loro rapporto affettivo e di collaborazione è così stretto che parlare delle azioni dell’altro è imprescindibile considerare quelle dell’altro: tra di loro vi era un’amicizia vera e fraterna, che cominciò già in tenera età. Comunque è interessante notare come la fortuna di Marco Vipsanio Agrippa cominciò non tanto con il rapporto con Ottaviano, quanto con una qualità che sarà una costante in tutta la sua vita: le doti in campo militare. Pare che Agrippa si distinse, in maniera particolare negli anni ’40 del I secolo a.C., quando servì nella cavalleria agli ordini nientemeno che di Giulio Cesare. Fu ufficiale nella Battaglia di Munda del 45 a.C., dove dimostrò il suo grande valore, come affermano le fonti a disposizione. Successivamente Giulio Cesare, che già aveva scelto Ottaviano come suo erede, spedì sia lui che Agrippa ad Apollonia (sito nell’odierna Albania), per continuare gli studi e raggiungere una formazione eccellente. In questo breve periodo, ad esempio, il giovane Marco Vispanio approfondì le materie architettoniche, che si sarebbero rivelate utili negli anni a venire. Non solo, perché i due partirono per unirsi alle legioni macedoni, periodo nel quale Agrippa confermò sia le sue doti militari che un’ottima capacità di relazionarsi con i commilitoni.

Marco Vipsanio Agrippa

Si arriva al 44 a.C. quando Agrippa e Ottaviano ricevettero la notizia della morte di Giulio Cesare, il quale probabilmente li fece allontanare dalla penisola italica proprio per evitare che anche i due fossero pesantemente coinvolti nelle continue lotte e guerre politiche che sconvolsero l’Urbe in quegli anni. Ottaviano dunque partì immediatamente, conscio del fatto che, a soli 19 anni, doveva essere presente fisicamente per giocare le sue carte in una partita che si preannunciava difficile. Agrippa da suo canto, pur rimanendo ad Apollonia, rafforzò la sua posizione poco dopo, diventando comandante delle legioni macedoni. Questo fu accolto in maniera molto positiva dall’amico Ottaviano, perché quando Marco Vipsanio tornò a Roma, seguito dalle sue legioni, fu subito chiaro che il giovane erede di Cesare poteva contare anche su una solida forza militare. Se venire in aiuto e soccorso di Ottaviano, fu una costante della vita di Agrippa, in questo caso particolare suo intervento con le legioni macedoni alle spalle, fu decisivo nelle trattative che portarono il futuro imperatore alla stipula del cosiddetto “Secondo Triumvirato” nel 43 a.C. Questo fu solo il primo passo, poiché negli anni successivi Agrippa continuò a distinguersi sul campo di battaglia, a dimostrazione che Ottaviano poteva contare su un braccio armato intelligente, determinato e scaltro guidato da un generale a lui fedele e sempre vittorioso.

AGRIPPA COME GENERALE E AMMIRAGLIO

Nel 42 a.C. Agrippa fu al seguito di Ottaviano in quella che passò alla storia come la Battaglia di Filippi, dove i due principali responsabili della morte di Cesare, Bruto e Cassio, furono detronizzati dalle forze unificate del futuro imperatore Augusto e di Marco Antonio (in totale potevano contare su 19 legioni). Per meglio precisare fu soprattutto Marco Antonio a contribuire al buon esito dell’azione militare, in quanto Ottaviano ed il suo esercito furono pesantemente sconfitti nella prima fase della battaglia, quando Bruto riuscì ad uccidere circa 18.000 romani, a fronte di sole 9.000 perdite, arrivando addirittura a conquistare l’accampamento di Ottaviano e Agrippa. Questi ultimi, dunque, non si distinsero particolarmente in questa occasione, sebbene la propaganda l’avesse fatta passare per una vittoria schiacciante. La realtà dimostrò invece che le capacità militari di Marco Antonio era allora superiori a quelle dell’erede di Cesare. Nel biennio 41 – 40 a.C., però, Agrippa riportò una vittoria preziosa per Ottaviano, quella contro il fratello di Marco Antonio, Lucio, che organizzò una rivolta per favorire il suo illustre parente. La ribellione (così passò alla storia), fu stroncata proprio da Agrippa che, alla guida dell’esercito di Ottaviano, sconfisse Lucio Antonio a Perugia. Di seguito ottenne vittorie contro alcune tribù germaniche, prima di dimostrare a tutti come Ottaviano potesse vantare un valido alleato militare particolarmente esperto negli scontri per mare.

Marco Vipsanio Agrippa

Uno dei problemi maggiori di Ottaviano, che nel frattempo ebbe l’onere di dover governare le regioni occidentali dell’allora Repubblica (Marco Antonio, secondo gli accordi del Secondo Triumvirato, si stava occupando dell’oriente), fu rappresentato da Sesto Pompeo, figlio di quel Pompeo che diede filo da torcere a Giulio Cesare. Gli eredi erano a confronto, sebbene inizialmente le attività illecite di Sesto Pompeo contribuirono a rendere Ottaviano debole e inaffidabile, agli occhi del popolo e del Senato di Roma. Sesto Pompeo, infatti, da anni si era dato alla pirateria, razziando con la sua flotta tutte le imbarcazioni che tentavano di attraversare il Mediterraneo. In particolare il figlio di Pompeo Magno bloccò le forniture di grano ed altre materie prime dall’Africa, occupando la Sicilia. E fu proprio lì, in terra sicula, che Agrippa acquistò gloria imperitura, e Ottaviano quella relativa tranquillità che gli fu utile per organizzare la battaglia finale contro Marco Antonio. Nel 36 a.C., nella località di Nauloco, Agrippa sbaragliò completamente la flotta di Sesto Pompeo, che poteva contare su ben 350 navi. I numeri tramandati dalle fonti antiche indicano le straordinarie capacità strategiche e militari di Agrippa, soprattutto a capo di una flotta come fu in quel caso, perdendo infatti solo 3 navi, mentre Sesto Pompeo fuggì con sole 17 navi sulle 350 che inizialmente aveva in dote! In quel contesto cominciò a farsi strada l’idea che, in un certo senso, senza Agrippa Ottaviano non sarebbe mai riuscito ad arrivare tanto lontano. Svetonio, ad esempio, narra di come “al momento di combattere, [Ottaviano] fu preso da un colpo di sonno così profondo che i suoi amici faticarono molto per svegliarlo, affinché desse il segnale d’attacco. Per questo motivo Antonio, lo credo io [Svetonio], aveva tutte le sue buone ragioni per rimproverarlo, sostenendo che egli non avesse avuto neppure il coraggio di osservare una flotta schierata a battaglia, al contrario di essere rimasto sdraiato sul dorso con gli occhi rivolti al cielo, terrorizzato, rimanendo in quella posizione, senza presentarsi ai soldati, fino a quando Agrippa non mise in fuga la flotta nemica”. A parte questo, la vittoria rese Marco Vipsanio Agrippa una figura di primo piano all’epoca, soprattutto quando ricevette la corona navale, un altissimo riconoscimento ottenuto da pochi, tanto che Seneca stesso la considerò “la più alta delle onorificenze militari”. Insomma Agrippa aveva ormai affermato l’immagine di ammiraglio formidabile ed impareggiabile, soprattutto in considerazione delle difficoltà tecniche che una battaglia navale presenta. Si pensi che per armare una flotta ottimale per affrontare Sesto Pompeo, Agrippa realizzò quello che passò alla storia come Portus Iulius, un porto militare realizzato unendo tra di loro i due laghi di Lucrino e Averno e creando così uno sbocco sul mare. Grande esempio di ingegneria navale, il porto fu il prototipo per quello di Capo Miseno, che fu utilizzato per secoli anche dopo che Agrippa lo mise in opera, episodio rappresentativo di come le cui doti e gesta di Marco Vipsanio Agrippa avrebbero modificato pesantemente le sorti di Roma. Quando, poi, nel 31 a.C. le forze di Ottaviano sconfissero la flotta di Cleopatra e Marco Antonio, ovviamente sempre con Agrippa come ammiraglio in capo, al futuro Augusto iniziò a rendersi necessaria una figura non più solo militare ma anche politica costruita con cariche pubbliche, agendo favore dell’imperatore e organizzando la sua propaganda, mutando il suo ruolo all’interno dell’Impero.

Marco Vipsanio Agrippa

AGRIPPA COME POLITICO: LE CARICHE ED I PROGETTI

Nel 33 a.C. Agrippa divenne “edile, un alto magistrato che, fondamentalmente, gestiva l’impianto urbanistico dell’intera città. Tra i compiti dell’edile, ad esempio, vi era la gestione delle strade e degli acquedotti, nonché la completa manutenzione degli edifici, i quali di conseguenza potevano essere costruiti, ricostruiti o restaurati per suo volere. L’edile si preoccupava anche di curare le annonae ed i giochi. Compiti non facili, che però avevano un comune denominatore: il benessere dei cittadini. Questo è l’aspetto fondante della propaganda imperiale in quanto l’immagine della città e l’approvvigionamento di servizi sono legati al consenso popolare e alla solidità del Paese. Quindi Agrippa lavorò affinché l’Urbe potesse trasformarsi in una città moderna, un centro urbano all’avanguardia, decoroso e a misura di cittadino al fine di rendere Augusto quel pater patriae a cui ambiva e che riuscì a diventare grazie ai i progetti concepiti e portati a termine da Agrippa, ottenendo una autorevolezza senza precedenti e un governo decennale.

In questo contesto probabilmente Agrippa sfruttò a fondo le sue conoscenze nel campo dell’ingegneria e dell’architettura, tanto che per tutta la fine del I secolo a.C. garantì edifici, anche monumentali, funzionali al progetto politico di Augusto. In primo luogo si premunì di dotare Roma di nuovi acquedotti e, di conseguenza, di un nuovo e cospicuo accesso all’acqua potabile. Era dal 125 a.C. che la città non veniva dotata di un nuovo acquedotto, e nel corso della sua vita Agrippa ne realizzò ben due: l’Aqua Iulia e l’Aqua Virgo. Il primo, i cui lavori partirono già nel 33 a.C., ebbe il chiaro scopo di legare il nome della famiglia di Augusto al progetto, che riceveva le acque da sorgenti nell’attuale zona di Grottaferrata per rifornire la gran parte dell’Urbe. Il secondo, l’Aqua Virgo, di cui recentemente nuovi resti sono venuti alla luce e possono essere ammirati presso il multi store “La Rinascente” di Roma, sarebbe stato l’unico acquedotto rimasto sempre in funzione nel corso dei secoli successivi alla caduta dell’Impero e che alimenta oggi la celeberrima Fontana di Trevi. Il nome deriva dalla straordinaria purezza dell’acqua, captata dalla zona di Salone a sud di Roma, che era molto povera di calcare. Ma Agrippa non si fermò qui, poiché sempre nello stesso principio di cura delle acque ripulì ed ammodernò anche la Cloaca Maxima, che da secoli ormai catturava le acque nere della città. Ad Agrippa è anche soprattutto legato il Pantheon, che fu lui a volere sempre alla fine del I secolo a.C, quando concepì un tempio eretto in onore della famiglia di Augusto, le cui forme odierne derivano dagli stravolgimenti accorsi durante il regno di Adriano nel II secolo d.C.), e che all’epoca era inserito in un grandioso complesso urbanistico e architettonico. Ancora oggi, dietro il Pantheon, sono visibili i resti della Basilica di Nettuno, edificio a carattere civile non a caso realizzato in onore del Dio dei Mari, quella divinità a cui Agrippa stesso fu associato dopo le vittorie navali contro Sesto Pompeo e Marco Antonio. In questo caso, ovviamente, Marco Vipsanio Agrippa si premunì di ricordare ai Romani quanto Augusto avesse strenuamente combattuto contro tutti i nemici, esterni ed interni, per garantire pace e stabilità all’Urbe. Una pace, con relativo benessere, simboleggiato anche dal terzo edificio di questo complesso sorto nel Campo Marzio: le Terme di Agrippa. Furono considerate il primo vero edificio termale pubblico di Roma di grandi dimensioni, un po’ un prototipo di quelli che sarebbero seguiti, ben più grandiosi, commissionati da Traiano, Caracalla o Diocleziano, ad esempio. Anche per questa ragione Agrippa fece realizzare un nuovo acquedotto, l’Aqua Virgo, poiché dopotutto un impianto del genere necessitava di un enorme approvvigionamento di acqua. E mentre il soldale di Augusto continuò a collezionare consolati (nel 27 a.C. divenne console per la terza volta), diede anche precise disposizioni per aprire nuove piazze o costruire nuovi porticati e per migliorare la qualità della vita di Roma. Nel frattempo, però, alcune nubi cominciarono ad ammassarsi all’orizzonte, illazioni che offuscarono per un poco l’amicizia e l’unione tra i due grandi amici e, ormai, anche parenti stretti.

Pitture nella cosiddetta Casa della Farnesina a Roma, probabilmente appartenuta ad Agrippa

VITA PRIVATA DI AGRIPPA E MORTE

Agrippa si sposò tre volte, la prima con Pomponia Cecilia Attica nel 37 a.C, di nobili origini. Poi, in seconde nozze, con Claudia Marcella Maggiore, figlia di Ottavia, la sorella di Augusto (siamo al 28 a.C.). E mentre Agrippa estese il suo potere anche al di fuori dell’Urbe (fu governatore della Siria e in Gallia ricevette l’imperium proconsolare, una carica che gli dava poteri maggiori a quelli di un semplice governatore), nel 21 a.C. celebrò anche il suo ultimo matrimonio con Giulia Maggiore, la dello stesso Augusto. In questo modo Agrippa ed Augusto, nonostante la differenza d’età tra gli sposi (lei aveva appena 18 anni) strinsero anche un vincolo di parentela ancora più stretto. Secondo Cassio Dione sarebbe stato Mecenate, anche lui alleato e amico storico di Augusto, a suggerire al princeps questa unione, affermando “Lo hai reso così grande che deve divenire tuo genero o essere ucciso”. I due ebbero ben cinque figli, viaggiarono molto e si stabilirono anche nella Casa della Farnesina, i cui resti furono ritrovati proprio nella zona della Villa cinquecentesca Farnesina a Trastevere. Nel frattempo Augusto concesse al genero, anche la tribunicia potestas, il quale garantiva un diritto di veto in Senato funzionale per pilotare al meglio le decisioni dei patres. Secondo alcune malelingue Agrippa mirava al trono e ambiva a impadronirsene. Sembra però strano che Augusto, che non aveva mai avuto scrupolo di eliminare qualcuno di indesiderato, si fosse prodigato con Agrippa, legandolo persino ad un vincolo di parentela, in presenza di un minimo sospetto su di lui.

Nel frattempo, il sostegno di Agrippa per il suo illustre amico e il nuovo Principato non venne mai a mancare che, anzi, lo accompagnò fino alla morte, che sopraggiunse nel 12 a.C. all’età di 51 a causa di una malattia. Come spesso capita quando si parla di grandi personaggi storici, le fonti contemporanee ci tramandano una serie di strani presagi che avrebbero annunciato la triste dipartita dell’uomo. Cassio Dione scrisse che in quell’occasione si manifestarono addirittura eventi straordinari che per gli antichi erano il presagio di una grande calamità in arrivo. “Dei gufi cominciarono ad aleggiare sopra la città e un fulmine cadde sulla casa sul monte Albano in cui risiedevano i consoli durante i riti sacri. Una stella chiamata la cometa fiammeggiò in cielo per diversi giorni sulla città e finalmente si dissolse in lampi simili a torce. Inoltre in città molti edifici furono distrutti dal fuoco e tra loro anche la capanna di Romolo, che venne bruciata da alcuni corvi che vi lasciarono cadere sopra della carne infuocata arraffata da un altare sacrificale”. Augusto gli dedicò un elogio funebre dai Rostra al Foro Romano, nello stesso punto in cui lui stesso aveva cominciato a costruire quel consenso politico che lo aveva portato poi all’apice della scala sociale. Si racconta che il princeps passò più di un mese in lutto, non prima di aver adottato ufficialmente i figli maschi di Agrippa e Giulia, che di conseguenza rese ufficialmente suoi successori. Ebbe così termine, tra celebrazioni ed elogi, la vita di un uomo che la storiografia ci indica essere stata vissuta interamente. Agrippa, chissà se con vera devozione e fedele amicizia, agì sempre nell’interesse dell’amico Ottaviano, operando al meglio per far sì che lui potesse diventare ciò a cui era destinato. Certamente nel corso della sua esistenza Agrippa dimostrò tantissime abilità e capacità, sia in ambito militare che civile e certamente contribuì in maniera significativa alla costruzione del mito di Ottaviano e inaugurando la stagione dello splendore imperiale di Roma. Fu grazie ad Agrippa, che Augusto raggiunse il potere che gli permise di vendicare Giulio Cesare e di ergersi a primus inter pares, il primo tra gli uguali. E, come lui, anche Agrippa era un poco diverso dagli altri.

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