La civiltà degli Etruschi

Etruschi

La civiltà etrusca fu il prodotto dell’introduzione di elementi importati (attorno ai quali non si hanno notizie certe) sulla preesistente cultura villanoviana, nell’area racchiusa tra l’Arno e il Tevere. Principalmente urbana, si organizzò in città-Stato (Volterra, Fiesole, Arezzo, Cortona, Perugia, Chiusi, Todi, Orvieto, Veio, Tarquinia ecc.) che, a scopi religiosi ed economici, diedero vita a una Lega formata da dodici città (dodecapoli). Ogni città era guidata da re (detti lucumoni) e magistrati designati tra i membri della casta aristocratica.

Una prima fase espansiva (VIII-VI a.C.) portò gli Etruschi a contendere a Greci e Cartaginesi il controllo delle rotte tirreniche e adriatiche e a allargare il proprio potere dalla pianura padana alla Campania, fondando centri come Bologna, Mantova, Piacenza, Pesaro, Rimini, Ravenna, e arrivando fino a Roma, che la tradizione vuole regnata da re etruschi dal 616 al 509 a.C. L’autonomia di Roma e quindi la crescita della sua potenza si intrecciarono con la decadenza etrusca, acceleratasi dopo la sconfitta patita a Cuma nel 474 a.C. a opera dei Greci di Siracusa. La Campania fu persa di lì a poco per opera dei Sanniti e contemporaneamente i Galli dilagarono nella pianura padana. A partire dalla distruzione di Veio (395 a.C.), entro il III sec. a.C. Roma si impadronì di tutta l’Etruria.

Pyrgi, santuario in loc. vigna parrocchiale, lastre dipinte, 530-520 ac ca. 01.jpg

Di Sailko – Opera propria, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=62902052

La mancanza di notizie esatte relative agli Etruschi deriva dal fatto che non hanno lasciato una letteratura, e la loro lingua (che utilizza un alfabeto assimilabile a quello greco) è stata decifrata con l’aiuto di testi brevissimi, perlopiù iscrizioni tombali. A speciali sacerdoti (gli aruspici, la fama dei quali rimase viva anche in età romana) era assegnato il compito di prevedere il futuro e capire la volontà degli dei scrutando le viscere degli animali sacrificati e analizzandone il fegato. La centralità del culto dei morti presso gli Etruschi è attestata dalle numerose necropoli e tombe isolate disseminate in Toscana e nel Lazio: convinti che il defunto conservasse l’individualità congiunta alle proprie spoglie mortali, concepirono il sepolcro come un’abitazione sotterranea, arredata con letti, tavoli, utensili e affrescata da vivaci pitture. La società era composta da nobili, discendenti dei primi dominatori, e servi, discendenti delle popolazioni preesistenti all’occupazione etrusca. Vi erano schiavi destinati ai lavori più pesanti, ma anche schiavi semiliberi che, per i loro meriti, potevano condurre vita migliore e anche elevarsi socialmente.

L’arte etrusca rappresenta un importante elemento di ricostruzione storica; sintesi di elementi greci, fenici e di caratteri propri, fu un punto di riferimento anche per l’arte romana. Al VI sec. a.C. risalgono alcune delle più belle tombe ricche di dipinti. Tra gli elementi scultorei campeggiano il sarcofago degli sposi, oggi conservato al museo del Louvre, l’Apollo, opera di Vulca, l’unico artista di cui si conosca il nome, la lupa capitolina e la chimera d’Arezzo. Resti di ceramiche di fattura greca, cofanetti, pettini, monili d’avorio, braccialetti testimoniano i contatti con il mondo greco e fenicio. Il bucchero fu invece un prodotto tipico dell’artigianato locale, una ceramica di impasto scuro con cui si facevano oggetti diversi. La più importante novità in campo architettonico, assimilata anche dai Romani, fu l’introduzione dell’arco tra il III e il II sec. a.C., il cui elemento portante era la “pietra a cuneo” funzionante come chiave di volta per ottenere l’equilibrio di tutti gli elementi.

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