Vicino alla chiesa di San Giorgio al Velabro si erge il celebre Arco degli Argentari, che, nonostante il nome, non è un vero e proprio arco ma piuttosto una porta architravata. Questa struttura fu eretta nel 204 d.C. nel punto in cui il vicus Jugarius confluiva nel Foro Boario, corrispondente all’attuale Piazza della Bocca della Verità a Roma.
L’Arco degli Argentari fu eretto come omaggio dai banchieri, noti come argentarii, in onore dell’imperatore Settimio Severo e di suo figlio Caracalla, nonché delle rispettive consorti, Giulia Domna e Flavia Plautilla, e di Geta. Tuttavia, i nomi e le immagini di Geta e Flavia Plautilla, inizialmente rappresentati con statue e rilievi sul monumento, furono successivamente cancellati in seguito alla loro condanna alla damnatio memoriae.
L’Arco degli Argentari, alto 6,15 metri e con un passaggio di 3,30 metri di larghezza, è sostenuto da pilastri decorati agli angoli. Uno di questi pilastri, quello orientale, venne parzialmente inglobato nel VII secolo nella vicina chiesa di San Giorgio al Velabro. La struttura è rivestita in lastre di marmo bianco, ad eccezione del basamento, che è in travertino. La dedica si trova sulla facciata meridionale, incorniciata da un bassorilievo raffigurante Ercole e un genio.
All’interno del passaggio, sul lato orientale, sono scolpite le figure di Settimio Severo e Giulia Domna, mentre sul lato occidentale si trova Caracalla. Originariamente, vi erano anche le figure di Geta (a est) e di Plautilla e Plauziano (a ovest), ma queste furono cancellate per effetto della damnatio memoriae. All’esterno, l’arco è decorato con raffigurazioni di soldati e barbari, mentre sulla facciata anteriore compare una figura in tunica corta. Nella parte superiore sono presenti aquile che sostengono ghirlande, e nella parte inferiore si trovano scene sacrificali.
Nel Medioevo, grazie al parziale inglobamento nella vicina chiesa, il monumento riuscì a resistere sia al trascorrere del tempo che alle spoliazioni. In quel periodo, si diffuse la leggenda di un misterioso “tesoro degli Argentari”, che alimentò la curiosità di molti nei secoli successivi. Oggi, i basamenti di travertino su cui si ergono i pilastri dell’arco si trovano interrati a circa un metro sotto il livello stradale attuale.