Sulla parte settentrionale del colle Celio, nel 54 d.C., Agrippina Minore diede inizio alla costruzione di un imponente tempio in onore dell’imperatore Claudio, divinizzato dopo la sua morte. Questo Tempio del Divo Claudio, situato vicino all’Anfiteatro Flavio, si ergeva su un’ampia area rettangolare di 180 x 200 metri, che probabilmente era decorata con giardini e fontane. L’intero complesso era sostenuto da robusti muri di contenimento, alcuni dei quali sono ancora parzialmente visibili oggi.
Il tempio era accessibile tramite una grande scalinata orientata verso il Palatino, lungo la quale si trovavano arcate e una strada che fiancheggiava ambienti in laterizio, probabilmente utilizzati a scopi commerciali. Alcuni resti dell’antico tempio sono stati inglobati nel campanile della Basilica dei Santi Giovanni e Paolo al Celio, dove si possono ancora osservare ambienti a due piani comunicanti tra loro.
Anche se la sua costruzione non era ancora completata, il Tempio del Divo Claudio subì gravi danni durante il grande incendio di Roma nel 64 d.C. Successivamente, venne parzialmente integrato nella Domus Aurea, la sontuosa dimora di Nerone, che lo trasformò in un ninfeo privato all’interno del complesso. Per alimentare questo nuovo ninfeo, fu necessario collegare l’acquedotto dell’Aqua Claudia mediante la costruzione di un apposito smistatore, l’arcus Neroniani. Dopo la morte di Nerone, la sua memoria venne colpita dalla damnatio memoriae, e la Domus Aurea fu smantellata. Sotto l’imperatore Vespasiano, il tempio fu in parte ricostruito e ripristinato alla sua funzione originale nel 69 d.C.
Una conferma della sua esistenza ci proviene dalla Forma Urbis Romae, dove è parzialmente conservata la pianta del tempio.
Per lungo tempo il tempio fu erroneamente identificato come il “Vivaio di Domiziano.” Nel V secolo, fu riutilizzato per la costruzione della prima basilica dei Santi Giovanni e Paolo, il sito oggi noto come le Case romane del Celio, una domus del III secolo i cui ambienti, splendidamente affrescati, sono ancora visitabili. Nel periodo medievale, l’edificio subì ulteriori modifiche, soprattutto tra il XII e il XIII secolo.
La facciata del tempio era composta da blocchi di travertino in uno stile rudimentale, tipico dell’epoca di Claudio, simile a quello osservato in altre opere come le arcate dell’Acqua Vergine nel Campo Marzio, i portici del Porto di Claudio e Porta Maggiore. I resti del tempio visibili alla base del campanile della basilica dei Santi Giovanni e Paolo, insieme a vari indizi, suggeriscono che la facciata sia stata effettivamente realizzata durante il regno di Claudio, piuttosto che durante la ricostruzione sotto Vespasiano. Le arcate erano composte da lesene in stile dorico con capitelli decorati, sormontate da un imponente architrave. Anche il pian terreno originale presentava solidi muri in laterizio e ambienti coperti da volte.
Sul lato nord si trovava la “zona delle acque,” una serie di ambienti a volta che ospitavano le tubature utilizzate per alimentare le fontane decorative durante il regno di Nerone. Il lato meridionale, meno elaborato rispetto agli altri, era caratterizzato da sostruzioni più leggere e comprendeva un’abside che probabilmente ospitava una statua di Claudio.
Il lato est del tempio, scoperto durante i lavori per l’apertura della via Claudia nel 1880, è quello meglio conservato e ci offre una chiara testimonianza della maestosità della costruzione. Le trasformazioni apportate durante l’epoca neroniana sono ancora visibili, con una grande parete in mattoni caratterizzata da nicchie rettangolari e semicircolari che copriva dei corridoi a volta, all’interno dei quali si trovavano dei pozzi, non destinati però a contenere acqua. A scopi stilistici, di fronte alle nicchie era presente un portico colonnato con arcate, che contribuiva a sottolineare l’aspetto monumentale dell’edificio.