La domus romana

Nell’antica Roma si distinguevano diverse tipologie di abitazioni: la Domus romana era un’abitazione privata situata all’interno dell’area urbana; la Villa suburbana era un domicilio privato situato al di fuori della cinta muraria della città; la Villa rustica era anch’essa una abitazione privata ma sorgeva in campagna ed era dotata di ambienti e attrezzature atte allo svolgimento di lavori agricoli. Le insulae erano gli antichi condomini nei quali viveva il popolo.
Per meglio comprendere l’evoluzione delle abitazioni romane avvenuta nel corso dei secoli è opportuno ripercorrere la storia della loro trasformazione.
Intorno alla metà del VIII sec. a.C. le casae, le prime abitazioni private dell’antica Roma simili a delle capanne, vennero trasformate in domus per volere dei re e degli aristocratici romani. Da una struttura molto semplice, quale quella delle casae, si sviluppa la domus che presentava una divisione interna in più ambienti, disposti attorno ad una corte e dotata di una grande sala. Le prime domus erano costruite ancora con la tradizionale tecnica edilizia che prevedeva la realizzazione di muri di argilla ed una copertura o tetto di stoppie ma intorno alla metà del VI sec. a.C. le mura vengono costruite diversamente; presentano infatti uno zoccolo in scheggio di tufo ed elevato in argilla e per la prima volta vengono utilizzate le tegole e i coppi per il tetto. Verso la fine del VII sec. a.C. le mura mutano ulteriormente perché anche l’elevato viene realizzato in scaglie di tufo mentre gli stipiti in tufo delle porte paiono lavorati.
Nella seconda metà del VI sec. a.C. la domus romana muta nuovamente. Infatti la casa inizia a svilupparsi attorno all’atrio, uno spazio centrale parzialmente ricoperto da una sorta di tetto costituito dall’incrocio di quattro falde che poggiavano su travi di legno disposti orizzontalmente. La presenza dell’atrio (compluvium) con la sua copertura parziale permetteva alla luce di illuminare gli ambienti e all’acqua piovana di entrare ed esser raccolta in una vasca (impluvium) dalla quale defluiva verso una cisterna sotterranea. Anche la tecnica edilizia presenta delle novità quali le mura costruite sempre in tufo ma lavorato in opera quadrata ed irregolare. La presenza dell’atrio all’interno della domus caratterizzò le abitazioni romane per circa tre secoli ed il primo esempio di casa ad atrio, poi domus pubblica, a Roma é rappresentato dalla casa di Tarquinio Prisco, situata sul colle Palatino.
Nel corso del III sec. a.C. l’atrio di forma arcaica si trasforma in atrio canonico: l’esempio più antico di questo cambiamento è presente nella domus publica di Augusto, abitazione con peristilio e criptoportico e dotata dell’atrium regium. In questo periodo le tecniche di costruzione mutano ancora con la diffusione della opus caementicium, una sorta di moderno cemento privo però delle strutture interne in ferro.
Nel periodo che va dalla fine del III sec. a.C. alla metà del II sec. a.C. vengono stabiliti i canoni tipici della casa romana che non muteranno fino al I sec. d.C. quando invece intorno al 110 – 120 d.C. appariranno i primi esempi di case ad appartamenti sovrapposti, un concetto moderno di struttura abitativa, le cosiddette insulae nelle quali risiedeva il proprietario e gli affittuari. Le grandi Ville, le dimore continueranno ad esser edificate ma in un periodo successivo e testimonianze di ciò possiamo osservarle con la Villa del Casale sita a Piazza Armerina in Sicilia.
Nonostante il passare dei secoli le rovine delle case romane rimasero esempio e modello abitativo in Italia fin dal tardo medioevo.

Domus romana. Fonte: https://www.ecodibergamo.it/eventi/eppen/dettaglio/bambini/treviglio/archeducando/
Da un punto di vista urbanistico bisogna ricordare che fino all’epoca di Nerone non esisteva una vera e propria regolamentazione edilizia se non per una parte edificata del colle Palatino anche se l’affiancamento delle case ad atrio permetteva di dare una maggiore regolarità seppur discontinua a causa delle diverse quote di altura dove sorgevano le abitazioni che generando di conseguenza un aspetto urbanistico irregolare.
Lo sviluppo della domus era in orizzontale, composta da vari ambienti con relative funzioni: vestibulum e fauces (accessi all’atrium, la stanza centrale subito dopo l’entrata); le stanze da letto (cubicula); ambienti laterali (alae); il tablinum (il salotto). Il peristilio (peristylium) era un giardino (Hortus) sapientemente curato dal giardiniere che spesso sagomava le piante a forma di animali; Era la zona più luminosa ed era circondato su ogni lato da un portico (Porticus) generalmente a due piani, sostenuto da colonne: il tutto arricchito da numerose opere d’arte, ornamenti marmorei, da affreschi, statue, fontane. Nel peristilio era consueto trovare anche una piscina. Il triclinio (Triclinium), la grande sala da pranzo, dove si tenevano i banchetti con gli ospiti di riguardo era lussuoso, con affreschi alle pareti e mosaici ai pavimenti. In epoca imperiale il triclinio fu soppiantato per feste e ricevimenti dall’exedra (grande ambiente di ricevimento, utilizzato anche per banchetti e cene, con pavimenti in mosaico, pareti ricoperte di affreschi e marmi colorati).
La stanza del triclinium era fornita di tre letti, detti triclinari su ognuno dei quali trovavano posto tre persone, sdraiate sul lato sinistro col gomito appoggiato ad un cuscino. I tre letti, all’interno del triclinio, erano disposti a semicerchio in modo da permettere facilmente il servizio della schiavitù. Al termine di ogni banchetto la servitù provvedeva a rimettere in ordine i letti triclinari sostituendone le lenzuola sporche, e raccogliere dal pavimento i resti del cibo gettato, secondo usanza, in terra durante il pasto.
Poteva spesso succedere che le stanze che davano direttamente sulla strada fossero affittate a terzi per essere utilizzate come botteghe e attività artigiane (tabernae). Il retro della casa, solitamente all’aperto, ospitava l’hortus, il giardino/orto domestico. Le domus più prestigiose erano solitamente ornate da alberi da frutto, giochi d’acqua e piccole piscine ma soprattutto erano fornite di balneum, il bagno, che appariva come un impianto termale in forma ridotta). Le ville appartenenti ai ceti più ricchi potevano permettersi la biblioteca personale, un padiglione per intrattenere gli ospiti (dietae) ed una terrazza (solarium).
L’illuminazione proveniva dalla luce del sole entrante dal compluvium dell’atrio, illuminando di riflesso gli ambienti vicini. Dal compluvium veniva raccolta anche l’acqua piovana mediante una vasca o cisterna centrale dell’atrio detta impluvium. Nei secoli più antichi l’atrium ospitava il focolare domestico attorno al quale ruotava la vita della famiglia. Fu abbandonata quasi subito ma restò un simbolo, sotto forma di piccolo altare interna all’impluvio, il cartibulum. Erano elementi consueti l’edicola a tempietto consacrata ai Lari (lararium) e la cassaforte (arca).