Le magistrature nell’antica Roma

Le magistrature nell’antica Roma

Le magistrature nell’antica Roma erano le cariche politiche che esercitavano i poteri dello Stato. Le magistrature erano divise in due categorie: ordinarie e straordinarie. Le magistrature ordinarie erano quelle che si succedevano secondo un ordine prestabilito, chiamato cursus honorum, e che duravano un anno. Le principali magistrature ordinarie erano:

I consoli, che erano i capi dello Stato e del comando militare. Erano due e avevano gli stessi poteri. Potevano convocare il Senato e le assemblee popolari, proporre leggi e dichiarare la guerra o la pace. Avevano il potere di coercizione, cioè di punire i cittadini che non rispettavano le leggi. Portavano la toga praetexta, bordata di porpora, e la sella curule, una sedia di avorio. I consoli venivano eletti ogni anno dal popolo riunito nei comizi centuriati, che erano le assemblee legislative composte dai cittadini divisi in base alla ricchezza e all’origine. Per essere eletti consoli, bisognava avere almeno 42 anni e aver ricoperto prima le cariche di questore, edile e pretore, secondo un ordine prestabilito chiamato cursus honorum. I consoli avevano gli stessi poteri e potevano opporsi alle decisioni dell’altro con il veto. In caso di morte o impedimento di un console, ne veniva eletto un altro, chiamato console suffetto.

I pretori erano magistrati romani dotati di imperium e iurisdictio, cioè di potere di comandare e di giudicare. I pretori venivano eletti ogni anno dal popolo, nei comizi centuriati, che erano le assemblee legislative composte dai cittadini divisi in base alla ricchezza e all’origine. Per essere eletti pretori, bisognava avere almeno 39 anni e aver ricoperto prima le cariche di questore ed edile, secondo un ordine prestabilito chiamato cursus honorum. I pretori erano inizialmente due, poi aumentarono a sei, otto e infine sedici. Il loro compito principale era quello di amministrare la giustizia civile, sia tra i cittadini romani che tra i peregrini, cioè gli stranieri. I pretori potevano anche sostituire i consoli in caso di assenza o impedimento, e avevano un autonomo potere di iniziativa legislativa. I pretori portavano la toga praetexta, bordata di porpora, e la sella curule, una sedia di avorio.

Gli edili, che erano i responsabili delle opere pubbliche e dei servizi urbani. Erano quattro: due curuli, che appartenevano alla classe aristocratica, e due plebei, che rappresentavano la classe popolare. Si occupavano della manutenzione delle strade, degli acquedotti, dei templi e degli edifici pubblici. Organizzavano anche i giochi e le feste religiose. Portavano la toga virilis, bianca, e la sella castrensis, una sedia di legno. Gli edili plebei erano eletti annualmente dai plebei riuniti nel concilium plebis. Addetti in origine alle funzioni del tempio di Cerere, acquisirono col tempo ulteriori mansioni civili, quali l’applicazione delle sentenze dei tribuni della plebe dei quali costituivano una sorta di segretari. A partire dal 471 a.C., con la promulgazione della Lex Publilia Voleronis, gli edili furono eletti dai Comitia Populi Tributa.

Gli edili curuli, istituiti nel 366 a.C. erano scelti tra i patrizi. Avevano le stesse competenze degli edili plebei, ma con maggior prestigio e autorità. Erano eletti ogni anno nei comizi centuriati, che erano le assemblee legislative composte dai cittadini divisi in base alla ricchezza e all’origine. Per essere eletti edili curuli, bisognava aver ricoperto prima la carica di questore o pretore, secondo il cursus honorum.

20 marzo 44 a.C.: funerali di Cesare | Et in Arcadia Ego

I questori, che erano gli amministratori delle finanze pubbliche. Venivano eletti ogni anno dal popolo, nei comizi tributi, in numero variabile a seconda dei periodi. Inizialmente erano due, poi quattro, poi otto e infine venti. Per essere eletti questori, bisognava avere almeno 30 anni (28 per i patrizi) e aver svolto il servizio militare. La questura era il primo grado del cursus honorum, la carriera politica romana, e conferiva lo status di senatore. I questori si dividevano in due tipi: i questori urbani, che rimanevano a Roma e gestivano il tesoro e l’erario, e i questori provinciali, che seguivano i magistrati superiori nelle province e negli eserciti, curandone l’amministrazione. I questori non avevano imperium, cioè il potere di comandare e di punire, ma solo potestas, cioè il potere di esercitare le loro funzioni. Portavano la toga virilis, bianca, e la sella castrensis, una sedia di legno.

Le magistrature straordinarie erano quelle che si creavano in situazioni di emergenza o di particolare importanza. Le principali magistrature straordinarie erano:

I censori erano una delle più alte magistrature della Roma antica, assieme ai consoli, ai pretori, agli edili e ai tribuni della plebe. Erano sempre in numero di due, ma pur avendo funzioni importanti, erano privi di imperium, cioè del potere di comandare e di punire. Venivano eletti ogni cinque anni dal popolo, nei comizi centuriati, che erano le assemblee legislative composte dai cittadini divisi in base alla ricchezza e all’origine. Per essere eletti censori, bisognava aver ricoperto prima la carica di console o di pretore, secondo il cursus honorum, la carriera politica romana. La durata della loro carica era di diciotto mesi, al termine dei quali compivano una cerimonia di purificazione, chiamata lustrum.

I censori avevano tre compiti principali:

  • La lectio senatus, cioè la revisione della lista dei senatori, che potevano confermare, escludere o aggiungere a seconda dei meriti o dei demeriti dei singoli. I censori avevano anche il potere di nominare i principes senatus, cioè i senatori più anziani e prestigiosi, che avevano il diritto di parlare per primi nelle sedute.
  • Il censimento, cioè il conteggio e la valutazione dei cittadini e dei loro beni. I censori registravano i dati forniti dai padri di famiglia, stimavano la loro capacità patrimoniale e li assegnavano alle diverse classi e centurie, in base alle quali si determinavano i diritti e i doveri politici e militari. I censori potevano anche imporre multe o sanzioni a chi forniva informazioni false o inesatte.
  • Il regimen morum, cioè il controllo della moralità pubblica e privata dei cittadini. I censori potevano infliggere una nota censoria, cioè una valutazione negativa, a chi si fosse macchiato di condotte riprovevoli, come l’adulterio, la corruzione, la codardia, la prodigalità, ecc. La nota censoria poteva comportare la perdita di diritti politici, come il voto o l’eleggibilità, o di privilegi sociali, come l’appartenenza all’ordine equestre o al senato. Portavano la toga praetexta e la sella curule.

I dittatori erano magistrati straordinari che venivano nominati dal senato in caso di grave pericolo o emergenza per la Repubblica romana. Avevano il potere assoluto di sospendere le leggi e le magistrature ordinarie e di disporre di tutti i mezzi necessari per affrontare la crisi. Il loro potere era limitato dalla durata semestrale del loro mandato o fino alla fine dell’emergenza. I dittatori non venivano eletti dalle assemblee popolari, ma venivano dictus, cioè designati, da uno dei consoli, di concerto con l’altro console e con il senato, seguendo un rituale che prevedeva la nomina di notte, in silenzio, in territorio romano. I dittatori portavano la toga praetexta, la sella curule e il fascio littorio, simbolo del loro potere di vita e di morte.

I tribuni della plebe, che erano i difensori degli interessi della classe popolare. Venivano eletti ogni anno dalle assemblee della plebe, chiamate concilia plebis, in numero di dieci, due per ciascuna classe. Avevano il potere di opporsi alle decisioni delle altre magistrature con il veto, cioè con la parola “veto” che significa “io mi oppongo”. Avevano anche il potere di proporre leggi alle assemblee popolari. Godevano di inviolabilità personale, cioè nessuno poteva aggredirli o arrestarli. Portavano la toga virilis e la sella castrensis.

Cursus Honorum e Magistrature in Età Repubblicana - Studia Rapido

IL SENATO

I senatori erano i membri del Senato, l’organo consultivo e deliberativo della Repubblica romana. Il Senato era composto da circa 300 membri, scelti tra i cittadini più anziani e prestigiosi della classe aristocratica, chiamati patrizi. I senatori conservavano la carica per tutta la vita, salvo l’intervento del censore, che poteva escluderli per motivi di moralità o di ricchezza.

Per diventare senatori, bisognava aver ricoperto una magistratura, secondo un ordine prestabilito chiamato cursus honorum. Le principali magistrature erano: i questori, gli edili, i pretori, i consoli, i censori e i tribuni della plebe. Ogni magistratura aveva una durata annuale e una età minima per essere eletta. Per esempio, per essere eletti questori bisognava avere almeno 31 anni, per essere eletti edili o tribuni della plebe 36 anni, per essere eletti pretori 39 anni, per essere eletti consoli 42 anni e per essere eletti censori 50 anni.

I senatori venivano eletti dal popolo, riunito in diverse assemblee, come i comizi centuriati, i comizi tributi e i comizi curiati. Le elezioni erano influenzate dalle alleanze tra le famiglie nobili, chiamate gentes, e dai rapporti di clientela tra i patroni, i ricchi protettori, e i clienti, i poveri protetti. I senatori avevano il potere di discutere e approvare le leggi, di gestire la politica estera e di nominare i governatori delle province.

I poteri dei senatori nella Repubblica romana erano molteplici e riguardavano sia la politica interna che quella esterna. Tra i principali poteri dei senatori, possiamo ricordare:

  • Il potere di dare pareri sulla pace e sulla guerra, di decidere se dichiarare o accettare una guerra, di stabilire le condizioni di pace, di inviare ambasciatori e di ratificare i trattati.
  • Esprimersi sulla chiamata di tutti i cittadini alle armi, di determinare il numero e la composizione delle legioni, di assegnare il comando militare ai magistrati e di conferire onori e ricompense ai soldati.
  • Decidere su feste e sacrifici, di approvare le decisioni in materia di culto, di nominare i sacerdoti e di vigilare sul rispetto della religione tradizionale.
  • Ricevere ufficialmente i rappresentanti degli Stati esteri, di accogliere o respingere le richieste di alleanza, di protezione o di amicizia, di concedere o revocare il diritto di cittadinanza o di ospitalità.
  • Condurre le trattative diplomatiche, di inviare o ricevere ambasciate, di gestire le relazioni con gli alleati e i nemici, di intervenire nelle controversie tra gli Stati vicini.
  • Nominare i governatori delle province, di assegnare loro il territorio e il tempo di governo, di controllare la loro amministrazione e di giudicare eventuali abusi.
  • Ratificare le deliberazioni delle assemblee popolari e di confermare la nomina dei magistrati eletti, di discutere e approvare le leggi proposte dai magistrati o dai tribuni della plebe, di proporre leggi proprie o di iniziativa popolare.
  • Gestire l’amministrazione dei beni e delle finanze dello Stato, di stabilire le entrate e le spese pubbliche, di autorizzare le opere pubbliche, di assegnare ai cittadini i lotti di terreno confiscati ai popoli vinti.
  • Concedere poteri straordinari ai consoli in caso di grave pericolo per lo Stato, facendoli diventare dittatori, di nominare il magister equitum, il secondo in comando del dittatore, di revocare il potere dittatoriale al termine dell’emergenza.

LE ASSEMBLEE POPOLARI

Le assemblee popolari nell’antica Roma erano degli organi collegiali che permettevano ai cittadini di partecipare alla vita politica della città. Esistevano diverse tipologie di assemblee, con diverse funzioni e composizioni. Tra le principali, possiamo ricordare:

I comizi curiati, che erano le assemblee più antiche, basate sulla divisione del popolo in trenta curie, cioè gruppi di famiglie. I comizi curiati avevano il potere di confermare la nomina dei re, di ratificare le leggi, di dichiarare la guerra e di celebrare i matrimoni. Con l’avvento della Repubblica, i comizi curiati persero gran parte della loro importanza, e furono sostituiti dai comizi centuriati.
I comizi centuriati, che erano le assemblee più prestigiose, basate sulla divisione del popolo in centurie, cioè unità militari. I comizi centuriati avevano il potere di eleggere i magistrati più importanti, come i consoli, i pretori e i censori, di approvare o respingere le leggi proposte dai magistrati, di decidere sulla pace e sulla guerra, e di giudicare le cause capitali. I comizi centuriati erano dominati dalla classe più ricca, che aveva la maggioranza delle centurie.
I comizi tributi, che erano le assemblee più rappresentative, basate sulla divisione del popolo in tribù, cioè distretti territoriali. I comizi tributi avevano il potere di eleggere i magistrati minori, come gli edili e i questori, di approvare o respingere le leggi proposte dai tribuni della plebe, e di giudicare le cause civili e penali. I comizi tributi erano aperti a tutti i cittadini, sia patrizi che plebei.
I concili della plebe, che erano le assemblee esclusive della classe popolare, organizzate per tribù. I concili della plebe avevano il potere di eleggere i tribuni della plebe, che erano i difensori degli interessi dei plebei, e di approvare o respingere i plebisciti, cioè le leggi proposte dai tribuni. I concili della plebe erano inizialmente in contrasto con il Senato e le altre magistrature, ma poi ottennero il riconoscimento della loro autorità su tutta la popolazione.

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