L’arredamento delle case romane

L’arredamento delle case romane

Oggi, le abitazioni moderne sono solitamente piccoli appartamenti ricchi di arredamento. Tuttavia, se potessimo osservare una tipica casa romana di duemila anni fa, noteremmo subito una caratteristica distintiva: pareti generalmente spoglie e stanze pressoché vuote. Ciò non significava, però, che l’ambiente fosse triste o trascurato. Al contrario, nelle case dei patrizi, le pareti delle stanze principali erano spesso riccamente adornate e decorate con dipinti che raffiguravano marmi finti, paesaggi naturali, giardini, colonnati, frutti e ghirlande di fiori. Questo conferiva agli ambienti un aspetto vivace e colorato, creando anche l’illusione di spazi più ampi di quanto fossero realmente.

Ma, se mancavano i mobili, dove venivano riposti gli oggetti presenti in una casa? Chi ha visitato Pompei avrà sicuramente notato la presenza di numerose nicchie, incavi nelle pareti, piccoli locali, ripostigli di cui non si capisce immediatamente l’utilizzo. Questi spazi sostituivano in gran parte i mobili: nelle nicchie venivano riposte stoviglie, libri, lucerne, statuette e altri piccoli oggetti di uso quotidiano; nei ripostigli venivano conservati viveri, abiti e oggetti più ingombranti.

Nonostante la scarsità di mobili, qualche arredo era comunque presente. Una cosa sorprendente è che, mentre i mobili moderni sono generalmente realizzati in legno, i mobili romani utilizzavano una varietà di materiali oltre al legno, come bronzo, marmo, avorio, guscio di tartaruga, corno e persino argento. È proprio grazie alla prevalenza di questi materiali che molti mobili dell’epoca romana, specialmente a Pompei ed Ercolano, sono giunti fino a noi.

L’utilizzo di materiali pregiati trasformava ogni mobile in un vero e proprio oggetto d’arte, specialmente nelle dimore dei più abbienti. In contrasto, negli “appartamenti” delle case popolari, distribuiti su più piani, l’arredamento era estremamente essenziale: un letto, un tavolo e pochi sgabelli, tutti realizzati con legname di modesta qualità, del quale non è rimasta alcuna traccia. Tra tutti, il mobile più diffuso nelle abitazioni romane era il letto, utilizzato per diverse finalità: dormire nelle camere, riposare e conversare nell’atrio o nell’esedra, e persino per mangiare nella sala da pranzo. I materassi erano sorretti da cinghie tese tra le strutture portanti del letto.

I Romani dimostravano una creatività sorprendente nella progettazione dei tavoli, che potevano essere rotondi, quadrati, semicircolari, e sostenuti da una, tre o quattro gambe. Queste gambe spesso assumevano forme particolari, raffigurando sfingi, figure umane o zampe di animali. Per sedersi, la maggior parte delle persone si accontentava di semplici sgabelli, ma le matrone, e talvolta gli uomini in cerca di maggiore comodità, preferivano un tipo speciale di sedia chiamata “cattedra”, caratterizzata da uno schienale alto e ricurvo, sempre dotata di cuscini per un maggiore comfort.

L’illuminazione nelle case romane era garantita da lucerne in terracotta, bronzo o argento, alimentate a olio e spesso sospese al soffitto o collocate su appositi supporti. In ogni casa benestante non potevano mancare splendidi pezzi di argenteria esposti con orgoglio: anfore, coppe, vasi con sottopiatti, piatti e specchi. I Romani apprezzavano le forme lussuose e imponenti, e non si limitavano alla qualità dell’artigianato, ma desideravano anche mettere in mostra la quantità di materiale prezioso impiegato. Per proteggere le superfici lavorate di questi oggetti, spesso veniva inserito un secondo contenitore all’interno del vaso principale, che poteva essere rimosso per la pulizia senza rischiare di rovinare le intricate decorazioni esterne.

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