Ab Urbe Condita

Ab Urbe Condita

La fondazione di Roma

Secondo la tradizione, Romolo fondò Roma 2769 anni fa. con il noto solco tracciato mediante l’erpice di un aratro, dal valore magico e sacrale. Questo atto conserva il suo valore di leggenda, visto che le effettive origini della città di Roma restano, in realtà, ammantate nel mistero. Del dato tradizionale sembra oramai accettabile soprattutto la cronologia, dal momento che nel luogo dove poi sarebbe sorta Roma sono stati rinvenuti reperti databili alla metà dell’8° secolo a.C. Anche altri dati della tradizione tramandano certamente elementi di verità, benché avvolti in un racconto leggendario. Il famoso episodio del ratto delle sabine, per esempio, rimanda al fatto che la vicina popolazione laziale dei Sabini ebbe nella storia più arcaica di Roma un ruolo molto importante anche se oramai difficilmente determinabile: lo testimonia anche la non chiara vicenda del re dei Sabini Tito Tazio, che avrebbe addirittura condiviso con Romolo il potere supremo a Roma.

Le fonti storiche più antiche

Il maggiore ostacolo per lo studio dell’età arcaica di Roma è ancora oggi rappresentato dall’affidabilità delle fonti storiche disponibili. Tito Livio, Dionigi di Alicarnasso, Plutarco e i tanti altri autori che ci hanno lasciato testimonianza scritta della più antica storia di Roma, infatti, scrissero molti secoli dopo questo periodo, per lo più a partire dall’età augustea. Inoltre essi non potevano attingere a fonti molto antiche, e pertanto dovettero spesso fare affidamento su tradizioni posteriori, talvolta confuse se non addirittura inventate. I resoconti storici più antichi, infatti, erano gli elenchi annuali dei magistrati (Fasti) e le annotazioni degli eventi più rilevanti di ogni singolo anno (Annali). Tali fonti, però, furono a lungo monopolizzate da un ristretto numero di famiglie patrizie, che ebbero modo di modificarle a proprio uso. Fu solamente a partire dall’inizio del 3° secolo a.C., con il coinvolgimento dei plebei nella redazione degli Annali, che la tradizione su Roma antica acquistò consistenza compiutamente storica, segnando così la fine dell’età arcaica. La tradizione che ci è pervenuta sulle origini di Roma e sulle sue più antiche fasi, pertanto, è in larga parte frutto di una ideologia, quella del 3°-2° secolo a.C., poi perfezionata durante il regno di Augusto.

L’età arcaica

Il popolo romano avviò il suo sviluppo da un ceppo, quello latino, cui appartenevano altri popoli del Lazio antico (Latini), che ebbero poi un destino meno importante. I Romani si avvalsero anche dell’apporto di altre popolazioni vicine: oltre ai Sabini, gli Etruschi. Dei sette re di Roma, che avrebbero retto il governo della città dal 753 al 509 a.C., gli ultimi tre – Tarquinio Prisco, Servio Tullio e Tarquinio il Superbo – sarebbero stati di origine etrusca: proprio sotto questi re Roma avrebbe iniziato ad assumere un aspetto monumentale e compiutamente urbano.

La nascita delle istituzioni romane

La storia più antica della Città Eterna rimane ancora avvolta nel mistero. Fu in questa età che si consolidarono le più importanti istituzioni dello Stato romano. Queste ultime sono complesse e talvolta tra loro contraddittorie. Ciò è dovuto al fatto che la mentalità romana era estremamente conservatrice e pertanto, anziché abolire un istituto ormai superato, si preferiva spesso aggiungerne uno nuovo e svuotare di contenuti il vecchio. Questo tipo di mentalità ha contribuito da una parte alla nascita di un sistema politico estremamente complesso per l’epoca, dall’altra ha permesso agli studiosi moderni di ricostruire compiutamente lo sviluppo istituzionale dell’organismo politico più grande del mondo antico. L’estrema complessità delle istituzioni politiche romane affascinava già gli antichi: Polibio, uno dei massimi storici di Roma repubblicana, individuava proprio in questo aspetto la causa prima della grandezza di Roma. Secondo lui nella costituzione romana coesistevano in armonia le tre forme di governo delle società antiche: la monarchia – rappresentata a Roma dal sommo potere dei due consoli – l’aristocrazia – rappresentata dalla nobile assemblea del Senato – e la democrazia – attiva nei comizi, che riunivano il popolo di Roma. Queste tre forme di governo, singolarmente imperfette, messe insieme costituivano per Polibio garanzia di perfezione ed eternità per il potere di Roma.

Pietro da Cortona – Il pastore Faustolo tiene in braccio i due gemelli, 1643

Circa un trentennio successivo alla fondazione di Lavinio, il figlio di Enea, Ascanio, rese possibile la fondazione di una nuova città: Alba Longa, sulla quale regnarono i suoi discendenti per numerose generazioni (dal XII all’VIII secolo a.C.) come ci racconta Tito Livio. Molto tempo dopo il figlio e legittimo erede del re Proca di Alba Longa, Numitore, viene spodestato dal fratello Amulio, che costringe sua nipote Rea Silvia, figlia di Numitore, a diventare vestale e a fare quindi voto di castità per impedirle di generare un possibile pretendente al trono. Il dio Marte però s’invaghisce della fanciulla e la rende madre di due gemelli, Romolo e Remo, quest’ultimo chiamato come il condottiero rutulo decapitato nel sonno da Niso nella guerra troiano-italica. Il re Amulio, saputo della nascita, ordina l’assassinio dei gemelli per annegamento, ma il servo incaricato non trova il coraggio di compiere tale misfatto e li abbandona sulla riva del fiume Tevere. Rea Silvia non subirà la pena di morte riservata alle vestali che infrangevano il voto di castità in quanto di stirpe reale, ma verrà confinata (messa in isolamento) dal re. La cesta nella quale i gemelli erano stati adagiati si arenerà presso la palude del Velabro, tra Palatino e Campidoglio, nei pressi di quello che sarà poi il foro romano, alle pendici di una cresta del Palatino, il Germalus, sotto un fico, il fico ruminale o romulare, nei pressi di una grotta detta Lupercale. Lì i due vengono trovati e allattati da una lupa che aveva perso i cuccioli ed era stata d’altra parte attirata dal pianto dei gemelli (secondo alcuni la lupa era forse una prostituta, all’epoca le prostitute erano chiamate anche lupae (si ritrova oggi traccia nella parola lupanare), e da un picchio (animale sacro per i Latini) che li protegge, entrambi animali sacri ad Ares. In quei pressi portava al pascolo il gregge il pastore Faustolo (guardiano dei porci di Amulio) che trova i gemelli e insieme con la moglie Acca Larenzia (secondo alcuni detta lupa dagli altri pastori, forse in quanto dedita alla prostituzione) li cresce come suoi figli.

Divenuti adulti e appresa la propria origine, Romolo e Remo fanno ritorno ad Alba Longa, mettono a morte Amulio ridando il trono al nonno Numitore. I gemelli, non volendo abitare ad Alba Longa senza potervi regnare finché era in vita il nonno materno, ottengono il permesso di andare a fondare una nuova città, nel luogo dove erano cresciuti.

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