21 aprile – Palilia/Parilia e Dies Natalis Urbis

21 aprile - Palilia/Parilia e Dies Natalis Urbis

Festa in onore dell’antica dea Pales, protettrice delle greggi e della città, ne garantiva la fecondità. La sua immagine sacra era scolpita nel legno.

Il nome della festa, Palilia o Parilia, indicava la connessione fra la dea e il parto, per la cui riuscita si svolgevano dei rituali pubblici e privati, sia in città che in campagna, officiati dal rex sacrorum.

I riti privati nelle campagne concernevano la purificazione delle greggi, degli ovili e dei pastori, in attesa della nascita degli agnelli. Si gettava acqua di fonte negli ovili per pulirli e purificarli.

Si riunivano le greggi e si facevano passare vicino a dei focolari per fumigarle con zolfo fumante e la sostanza prodotta dopo i Fordicidia (composta dalle ceneri degli agnelli sacrificati, il sangue del cavallo sacrificato all’October Equus e steli di fave), insieme a piante sacre come l’alloro e l’olivo; dopodiché si aspergevano con acqua di fonte gettata attraverso rami di alloro. Alla dea venivano offerte focacce tritate col latte, pregandola di perdonare eventuali offese arrecate dai pastori, affinché potesse proteggerli. Forse, in questo frangente veniva svolto anche un sacrificio di un’agnella, il cui sangue doveva servire per un’ulteriore lustratio delle greggi. Un ultimo rito di purificazione riguardava i pastori, che dopo aver bevuto una bevanda di latte e vino bolliti dovevano saltare su covoni di paglia e fieno in fiamme, uscendone così purificati dalla potenza del fuoco. Alla dea venivano offerti doni votivi, scolpiti nel legno e appesi agli alberi.

Secondo Andrea Carandini, la dea Pales era la divinità protettrice del Cermalus, uno sperone del Palatino (colle protetto invece da Palatua), indicando quindi una divinità tutelare delle strutture di fortificazione (palizzate).

La tradizione romana più conosciuta sottolinea che la fondazione della città fosse avvenuta il 21 Aprile del 753 a.C., il giorno delle festività dei Parilia/Palilia. Il mitico fondatore della città sarebbe stato Romolo: fratello gemello di Remo, figlio del dio Marte e della vestale Rea Silvia o Ilia, quest’ultima figlia di Numitore re di Alba Longa, faceva parte della discendenza di Ascanio, figlio di Enea. Dopo essere stati quasi uccisi per volere di Amulio (usurpatore al trono del fratello), i gemelli allattati dalla lupa nella grotta del Lupercale alle pendici del Palatino e cresciuti dal pastore Faustolo con la moglie Acca Larentia, riuscirono a recuperare il trono del nonno. Tornarono nella zona del Septimontium, dov’erano cresciuti, per fondare una loro città: consultarono gli dei per decidere se edificarla sul Palatino (come voleva Romolo) o sull’Aventino (come voleva Remo), il responso fu favorevole a Romolo, perché era riuscito a vedere più uccelli del fratello, che però li aveva avvistati prima. Il litigio tra i fratelli si risolse in un modo abbastanza noto: Remo non accettò il responso divino e oltrepassò il solco (sacro e inviolabile) creato dal fratello; quest’ultimo, per le leggi sacre, fu costretto ad affrontare e uccidere il proprio gemello.

Il testo più antico che descrive il rito fondativo compiuto da Romolo è “Origines” di Catone il Censore. Romolo, dopo aver aggiogati un toro sul lato destro (esterno) e una vacca su quello sinistro (interno), indossò la toga secondo l’uso della città di Gabii, si coprì il capo e tenendo l’aratro inclinato (in modo tale che le zolle sollevate cadessero dentro al solco) tracciò il perimetro della “città quadrata”, dove sarebbero sorte le mura, mentre in corrispondenza di dove sarebbero state le porte, sollevava l’aratro. Plutarco indica che il fondatore era guidato da auguri etruschi, e che prima del solco scavò una fossa, chiamata mundus, nella quale vennero gettate primizie e un po’ di terra d’origine dei futuri cittadini della nuova città. Ovidio racconta che il mundus venne chiuso dopo le offerte, per poi essere coperto da un altare sul quale avrebbe bruciato un fuoco sacro.

La tradizione racconta che Romolo, nei pressi della Porta Romanula o Romana (sulla palude del Velabro, nei pressi della Fonte di Giuturna), sacrificò la vacca e il toro a Giove, Marte e Vesta (la prima e più arcaica triade a protezione della città). I ritrovamenti archeologici sembrano confermare, almeno in parte, il racconto leggendario: sono stati trovati i resti del primo insediamento sul Palatino, le mura della città databili all’VIII secolo a.C., ecc.

Il Natale di Roma viene festeggiato tutt’oggi, attraverso numerosi eventi organizzati dal Comune di Roma, e soprattutto grazie a gruppi di rievocazione storica che svolgono spettacoli rituali a cui chiunque può assistere.

“Festa di Pales , o L’Estate”, di Joseph-Benoît Suvée, olio su tela, 1783. Museo delle Belle Arti di Rouen, Francia

Antonietta Patti
Archeologa


BIBLIOGRAFIA

  • Carandini, La fondazione di Roma raccontata da Andrea Carandini (Collana Economica Laterza), Laterza, Roma-Bari 2013;
  • Ferrari, Dizionario di Mitologia, UTET, Novara 2015;
  • Tito Calpurnio Siculo, Egloghe, V, 24 – 28;
  • Marco Porcio Catone, Origines, I, 18;
  • Ovidio Nasone, Fasti, libro IV;
  • Plinio il Vecchio, Naturalis Historia, vol. XVIII;
  • Plutarco, Βίοι Παράλληλοι (Vite parallele), Romolo, XI – XII;
  • Cornelio Tacito, Annales, XII;
  • Marco Terenzio Varrone, De lingua Latina, libri VI, V;
  • Virgilio Marone, Georgiche, III, 1.
Share