Il Tempio o Foro della Pace (Templum Pacis) è uno dei Fori Imperiali di Roma, costruito su iniziativa dell’imperatore Vespasiano nel 75 d.C. per celebrare la vittoria di Roma nella prima guerra giudaica. Plinio il Vecchio, nella sua opera Naturalis Historia, lo descrisse come uno dei monumenti più belli al mondo. Oggi, di questo imponente complesso rimangono solo alcuni resti.
Il tempio subì gravi danni a causa di un violento incendio nel 192 d.C., durante il regno di Commodo, ma fu successivamente ricostruito per volere di Settimio Severo. Grazie alla Forma Urbis Severiana (o Forma Urbis Romae), una pianta dettagliata della città antica incisa su lastre di marmo tra il 203 e il 211 d.C., conosciamo anche la planimetria del Tempio della Pace. Le lastre che rappresentavano questa pianta erano conservate all’interno di una delle aule del tempio. Il complesso monumentale fu edificato sul sito del Macellum, il mercato dell’età repubblicana, che era stato distrutto dall’incendio avvenuto sotto Nerone nel 64 d.C.
Il Tempio della Pace, noto anche come Foro di Vespasiano, prende il nome dalle sue imponenti dimensioni, che coprivano oltre due ettari. La piazza centrale misurava 110 x 135 metri e comprendeva un vasto quadriportico con quattro esedre, oltre a numerosi monumenti e statue, conferendogli l’aspetto di un vero e proprio foro. L’esedra sul lato nord, sebbene non visibile ai visitatori, è l’unica ben conservata e si trova sotto la Torre dei Conti.
All’interno del tempio si trovava una grande sala con un’abside sul fondo, che ospitava al centro la statua della dea Pax. Il tempio era suddiviso in tre grandi navate, con quella centrale più alta che conteneva otto enormi colonne corinzie di marmo pentelico. Una di queste colonne, originariamente collocata presso il pilastro del portale, fu successivamente spostata nella piazza di S. Maria Maggiore per volere di papa Paolo V.
L’area centrale del Foro di Vespasiano era probabilmente adibita a giardino, con aiuole e fontane, come confermato dai più recenti scavi archeologici. In questa zona sono stati rinvenuti i frammenti di un’enorme vasca circolare in porfido rosso, risalente all’epoca severiana. Questi ritrovamenti hanno contribuito a riconoscere il Tempio della Pace anche come un museo all’aperto, che ospitava opere dei più celebri scultori greci.
Le fonti antiche riportano che all’interno del tempio veniva custodito il bottino ottenuto dall’occupazione romana del Tempio di Gerusalemme, tra cui il candelabro dorato a sette bracci, la Menorah, e le trombe argentate, rappresentate anche sull’Arco di Tito. Il Tempio della Pace ospitava inoltre oggetti e opere d’arte provenienti dall’Oriente, originariamente destinati a decorare la splendida Domus Aurea di Nerone, distrutta dopo la sua morte.
Ancora oggi sono visibili i resti situati a est del Tempio della Pace, precisamente dove sorge la chiesa dei Santi Cosma e Damiano, edificata tra il 526 e il 530 d.C. Tra i resti superstiti, spicca una parete di un’aula di 18 x 13 metri, sulla quale si trovano i fori che sostenevano le lastre di marmo della Forma Urbis Severiana, disposte alternativamente in senso verticale e orizzontale. I frammenti delle 151 lastre marmoree, scoperti a partire dal 1562, sono attualmente conservati nel Museo della Civiltà Romana, in attesa di essere trasferiti in una sede che ne consenta una migliore valorizzazione.
Nonostante siano stati recuperati solo frammenti, la Forma Urbis Romae continua a essere una delle fonti più preziose per la ricostruzione della topografia dell’antica Roma.
Recenti studi hanno rivelato che l’area occupata oggi dalla chiesa dei Santi Cosma e Damiano ospitava in precedenza due biblioteche, una greca e una latina. Ai lati del tempio, infatti, si trovavano quattro grandi aule, due per lato, che probabilmente ospitavano queste biblioteche. Le pareti della chiesa presentano delle piccole celle, troppo piccole per contenere statue, ma ideali per accogliere librerie.
Il Tempio della Pace subì ulteriori danni nel V secolo d.C., seguiti da un progressivo abbandono, come testimoniato da Procopio nel VI secolo. Intorno al VI-VII secolo, una parte dell’area del tempio fu trasformata in cimitero. Successivamente, nell’XI secolo, l’area venne utilizzata come terreno agricolo e discarica per il vicino mercato attivo nel Foro di Nerva.
Nel 2015, grazie a un progetto della Sovrintendenza Capitolina in collaborazione con la Sovrintendenza dei Beni Archeologici di Roma, sono state ricostruite e rialzate sette colonne di granito rosa di Assuan, Egitto, utilizzando spezzoni di colonne rinvenuti a terra durante gli scavi archeologici condotti tra il 1998 e il 2000. Per il restauro, i tecnici hanno utilizzato la tecnica dell’anastilosi, che consiste nel ricomporre pezzo per pezzo gli elementi originali di una costruzione andata distrutta. Oltre a questo, è stato restaurato il rivestimento marmoreo del podio del tempio, che sorreggeva la statua della dea Pax, e il massetto. Infine, sono stati eseguiti interventi sul pavimento marmoreo dell’aula della Forma Urbis Severiana, caratterizzato da preziose decorazioni in marmi bianchi e rosa provenienti dall’Africa.