Il Foro di Nerva, conosciuto nelle fonti anche come Transitorium, fu il penultimo dei grandi fori imperiali. Inaugurato dall’imperatore Nerva nel 97 d.C., era stato originariamente progettato dal suo predecessore, Domiziano (81-96 d.C.), nell’ambito di un ambizioso programma di espansione urbana che richiese innovative soluzioni urbanistiche e architettoniche.
Nell’area occupata dal futuro Foro di Nerva, durante l’epoca repubblicana, sorgeva un macellum, un mercato che fu distrutto nel grande incendio del 64 d.C. insieme a diverse abitazioni. Domiziano, noto per il suo impegno in numerosi lavori pubblici, decise di costruire un nuovo foro per celebrare Minerva e per fungere da raccordo nello spazio limitato tra il Foro di Cesare, il Foro di Augusto e il Tempio della Pace, lungo un tratto dell’Argiletum, l’antica via che collegava il Foro repubblicano con il quartiere della Suburra attraversando l’omonimo quartiere.
L’area fu delimitata da alte mura in blocchi di peperino, rivestite di lastre di marmo e dotate di diversi accessi: sul lato rivolto verso il Forum Magnum si trovavano tre ingressi, mentre sul lato opposto, verso la Suburra, vi era un ingresso monumentale costituito da un’esedra porticata a forma di ferro di cavallo. Questa struttura è citata nella Forma Urbis e viene indicata come Porticus Absidata nei Cataloghi Regionari del IV secolo.
La Porticus era preceduta dall’edificio principale del foro, che dominava il lato corto: il Tempio dedicato a Minerva. Domiziano considerava Minerva la sua protettrice e credeva che, dopo la sua morte, la dea avrebbe garantito la sua divinizzazione tra gli dei. Tuttavia, l’iscrizione sul tempio portava il nome di Nerva, suggerendo che la dedica fu probabilmente modificata dopo la morte di Domiziano, in seguito alla damnatio memoriae che colpì il suo ricordo.
Il tempio era costruito su un alto podio e presentava una facciata con sei colonne frontali e tre colonne su ciascun lato anteriore. Lo spazio limitato del sito non permise la costruzione di portici laterali; al loro posto, i muri perimetrali, realizzati in blocchi di peperino e rivestiti di marmo, erano decorati con un ordine di colonne aggettanti, poste a brevissima distanza dal muro di fondo, che sostenevano una trabeazione sporgente. Il fregio rappresentava il mito di Aracne e altre scene legate a Minerva, sebbene alcune di queste siano di interpretazione incerta. Sopra le colonne, un attico decorato con rilievi, probabilmente raffiguranti le personificazioni delle province romane, seguiva l’andamento spezzato della trabeazione, e doveva essere sormontato da statue bronzee.
Grazie a diverse incisioni e acquarelli del XVI secolo, sappiamo che il tempio di Minerva era ancora parzialmente intatto fino a quando, nel 1606, papa Paolo V ne ordinò la demolizione. I materiali ricavati furono utilizzati per costruire la fontana dell’Acqua Paola sul Gianicolo e per alcune opere in Santa Maria Maggiore. Con la caduta dell’Impero Romano, il complesso fu gradualmente abbandonato, e nel corso dei secoli furono costruite diverse abitazioni lungo l’antico Argiletum. Nel IX secolo, la zona si popolò di numerose residenze aristocratiche, alcune delle quali furono abbandonate nel XII secolo; due di queste abitazioni, a due piani, sono arrivate fino ai nostri giorni.
Oggi, il Foro di Nerva è visibile in due sezioni separate da via dei Fori Imperiali. Un tratto del muro perimetrale, con le colonne aggettanti conosciute come “le colonnacce,” è ancora conservato. Nel Museo dei Fori Imperiali sono esposti vari frammenti del fregio e parti delle decorazioni marmoree del tempio.