In occasione della battaglia di Filippi nel 42 a.C., Ottaviano fece la promessa di erigere a Roma un tempio in onore di Marte Ultore, il Vendicatore. Questo impegno nacque dal desiderio di commemorare la vittoria che lui e Marco Antonio ottennero contro gli assassini di Giulio Cesare, Bruto e Cassio, vendicando così la sua morte.
Questo imponente tempio fu concepito come il fulcro di un vasto foro, il secondo per ordine cronologico a Roma. La nuova piazza monumentale aveva lo scopo di migliorare la circolazione delle folle che si riversavano nei due fori più antichi e di offrire nuovi spazi per i processi e le attività commerciali. Tuttavia, il foro era soprattutto un simbolo del potere imperiale, destinato a glorificare la figura dell’imperatore.
Le grandi esedre che si aprivano lungo i portici laterali rappresentavano una novità architettonica che avrebbe successivamente ispirato il Foro di Traiano. Dopo aver consolidato il proprio potere con la vittoria su Antonio nella Battaglia di Azio, Augusto si dedicò alla riorganizzazione urbanistica e architettonica della capitale, esprimendo così il nuovo corso politico da lui avviato. Fu in questo contesto che presero avvio i lavori di costruzione del nuovo complesso forense.
Il nuovo complesso monumentale fu realizzato con i fondi derivati dal bottino di guerra, noto come ex manubiis, e costruito su un’area privata acquistata appositamente, situata sulle pendici del Quirinale, ai margini del vivace quartiere della Suburra. Alla fine del portico di sinistra si trovava una grande sala quadrata, riccamente decorata in marmo, al cui interno fu collocata una statua colossale di Augusto, alta 14 metri, successivamente posta lì dall’imperatore Claudio.
Il Foro di Augusto disponeva di due ingressi secondari situati sul muraglione: uno formato da tre fornici, da cui partiva una scalinata, e l’altro costituito da un solo fornice, conosciuto in epoca medievale come Arco dei Pantani. Tra questi due ingressi si ergeva il Tempio di Marte Ultore. Alla base delle scale furono innalzati archi trionfali dedicati nel 19 d.C. a Druso minore e a Germanico per la vittoria sugli Armeni.
Il Tempio di Marte Ultore occupava una posizione centrale, simile a quella del Tempio di Venere Genitrice nel Foro di Cesare. La scalinata principale era realizzata in opera cementizia, mentre il podio era costruito in opera quadrata di tufo, rivestito di grandi lastre di marmo di Carrara.
L’accesso al tempio avveniva tramite una scalinata frontale di 17 gradini in marmo, con fondazioni in cementizio, interrotta al centro da un altare. Due fontane occupavano le estremità della scalinata. La facciata del tempio era adornata da otto colonne, con altrettante disposte sui lati lunghi. All’interno, lo spazio era suddiviso da sette colonne per lato, accostate alle pareti e disposte su due livelli. La cella terminava con un’abside, al centro della quale erano collocate le statue di Venere e Marte.
Al centro della piazza si trovava probabilmente una statua colossale di Augusto su una quadriga trionfale. Il colonnato corinzio dei portici, leggermente sopraelevato rispetto al livello della piazza mediante alcuni gradini, era composto da colonne in marmo giallo antico. L’attico del portico era decorato con cariatidi, ispirate a quelle dell’Eretteo sull’Acropoli di Atene, alternate a scudi con ricche cornici e ornati al centro da teste di Ammone, Giove o altre divinità, in stile ellenistico.
Le pareti di fondo all’interno dei portici erano arricchite da semi-colonne in marmo giallo antico, intervallate da nicchie che ospitavano statue di figure della storia repubblicana. Sotto i portici, i pretori urbani svolgevano le loro attività giudiziarie, mentre all’interno del tempio si tenevano sedute del Senato per discutere di guerre e trionfi.
Il tempio custodiva anche le insegne militari perse e successivamente recuperate in battaglia, come quelle di Crasso perse a Carre o quelle di Quintilio Varo nella disastrosa battaglia di Teutoburgo. Nel Cinquecento, all’interno dell’area del Foro, fu ritrovata la colossale statua del Marforio, oggi esposta nei Musei Capitolini, nel cortile del Palazzo Nuovo.