La Dacia: una provincia dura a morire

La Dacia: una provincia dura a morire

Nell’Europa orientale, nei territori adiacenti al Danubio, si trovavano vari popoli che, per via del terreno accidentato e del clima rigido, rappresentavano una sfida per i Romani. Tra questi, i Daci erano particolarmente influenti: sotto la guida del re Burebista nel I secolo a.C., stavano rafforzando la propria struttura, organizzazione e potenza.

Alcune fonti raccontano che Ottaviano propose un’alleanza matrimoniale offrendo la mano della figlia Giulia, allora bambina di cinque anni, alla corte dei Daci. Verità o leggenda, è certo che i Daci, a seguito delle vicende dell’età cesariana, scelsero di schierarsi con Antonio. Durante la dittatura di Cesare, i Daci lanciarono una spedizione militare, compiendo incursioni ad Apollonia e costringendo Cesare a pianificare una campagna contro di loro. La fine del regno dacico fu però determinata dalla pressione dei popoli confinanti, come Bastarni e Sarmati. Nonostante la sconfitta e la crisi di potere, i Daci non si arresero, pur consapevoli di aver perso parte della loro antica forza.

Molti di questi gruppi risiedevano nell’area dell’odierna Transilvania e, durante l’epoca di Nerone, furono deportati nei territori romani e obbligati a rendere omaggio ai vessilli imperiali. Sotto la dinastia Claudia, si verificarono numerosi disordini lungo la sponda sinistra del Danubio. Gaio Fonteio Agrippa, governatore della Mesia, incontrò grandi difficoltà nel difendere questa vasta area con sole due legioni, pur potendo contare sull’appoggio dei Traci, che, sebbene alleati, non avevano ancora dimostrato piena fedeltà a Roma e rappresentavano quindi una minaccia latente.

Di Sadko – Opera propria, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=80470336

Durante il regno di Domiziano, il re dei Daci, Duras, abdicò in favore di Decebalo, il quale introdusse la disciplina romana all’interno delle sue forze armate. Oppio Sabino, il nuovo governatore della Mesia, tentò per primo di affrontare i Daci in battaglia ma perse la vita. Anche Cornelio Fusco, capo della guardia pretoriana, fu ucciso oltre il Danubio. Nell’88, Tettio Giuliano, governatore della Mesia superiore, riuscì invece a battere Decebalo in una nuova battaglia a Tapae (la seconda, nei pressi dell’attuale Bucova).

Domiziano, però, dovette rivolgere la sua attenzione alla rivolta di Lucio Antonio Saturnino e alla minaccia che le tribù germaniche dei Iazigi, Quadi e Marcomanni rappresentavano per la Pannonia. Di conseguenza, stipulò una pace con Decebalo, che mantenne il controllo sulle sue terre e ricevette un sostegno finanziario, accettando però di divenire un re “cliente” sotto la protezione romana.

«Decebalo, venuto a sapere dell’arrivo di Traiano, ebbe paura, poiché egli sapeva che in precedenza aveva sconfitto non i Romani ma Domiziano, mentre ora si sarebbe trovato a combattere sia contro i Romani, sia contro Traiano.» (Cassio Dione, LVIII, 6, 2.)

Dopo Domiziano, salì al trono Nerva, il cui breve regno, dal 96 al 98, portò comunque a un esito positivo nella guerra contro Suebi e Sarmati nel 97. Successivamente, il potere passò a Traiano. Dopo aver ricevuto la porpora imperiale, Traiano trascorse oltre un anno e mezzo lungo il limes del Danubio e del Reno, ritardando il suo arrivo nella capitale fino all’ottobre del 99. Durante questi mesi al confine, Traiano ebbe l’opportunità di riflettere attentamente sulla strategia estera da adottare, valutando una possibile campagna di conquista della Dacia. Tale decisione era motivata sia dalla crescente minaccia dei Daci di Decebalo, stanziati ai confini dell’Impero, sia dalla pressante esigenza di risorse finanziarie per Roma.

«Dopo aver trascorso del tempo a Roma, [Traiano] mosse contro i Daci, avendo riflettuto sui loro recenti comportamenti, poiché era contrariato a causa del tributo a loro versato annualmente ed aveva notato che era aumentata non solo la loro forza militare, ma anche la loro insolenza.» (Cassio Dione, LVIII, 6, 1.)

Nel 101, l’imperatore Traiano decise di intraprendere una campagna contro i Daci, assumendo personalmente il comando, come era sua abitudine in ogni battaglia. La guerra si sviluppò in due fasi principali: nella prima, Traiano, intenzionato a vendicare le sconfitte subite dai Romani sotto Domiziano circa quindici anni prima, avanzò nel territorio dacico con l’obiettivo di intimidire il nemico e valutare le sfide di una potenziale conquista. La sua marcia fu diretta verso la capitale dacica, Sarmizegetusa, che offrì una strenua resistenza ma alla fine capitolò.

Nel 102 d.C., i Daci chiesero la resa; al re fu imposto di rinunciare alla piena sovranità, mentre il popolo dovette accettare lo status di clienti di Roma e consegnare tutte le armi. Un fattore chiave per il successo di Traiano fu la costruzione di un ponte di pietra che facilitò il movimento e la comunicazione delle truppe tra le due sponde del fiume, assicurando un vantaggio strategico decisivo.

Di © Raimond Spekking & Elke Wetzig / CC BY-SA 4.0 (via Wikimedia Commons), CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=62299566

«Sebbene Decebalo stesse perdendo terreno nei preparativi bellici, tuttavia per poco non riuscì ad uccidere Traiano con l’inganno e l’astuzia. Egli inviò in Mesia alcuni disertori per tentare di eliminare [l’imperatore romano], poiché era facilmente avvicinabile e poiché anche in quella circostanza, a causa dell’imminente campagna militare, concedeva a tutti coloro che lo richiedevano, udienza. Ma questi non riuscirono a realizzare il loro piano, poiché uno di loro fu catturato per essere sospettato e, torturato, rivelò l’intero complotto.» (Cassio Dione, LVIII, 11.3.)

I Daci, desiderosi di riottenere la loro indipendenza, rispettarono solo in parte i termini del trattato di pace, spingendo i Romani a dichiarare una nuova guerra nel 105. Molti Daci si arresero senza opporre resistenza. Quando Traiano entrò nuovamente nella capitale dacica, Decebalo, per evitare la cattura, si tolse la vita nel 107. Il conflitto si concluse con una vittoria decisiva per Traiano, che poté celebrare un trionfo a Roma. Per commemorare questa conquista, ordinò la costruzione di un Foro che portasse il suo nome, con la celebre Colonna Traiana al centro, decorata con scene della campagna in Dacia.

Sotto Traiano, l’Impero Romano raggiunse la sua massima estensione territoriale, ma presto Roma dovette rinunciare gradualmente a questi territori a causa di vari problemi inevitabili che finirono per rallentare il grande motore imperiale. Questa annessione creò infatti una complessa situazione strategica: l’avanzata oltre il Danubio costrinse Roma a mantenere un “saliente” difficilmente difendibile in mezzo al vasto e mutevole “mare di barbari” costituito da Germani e Sarmati. Ciò richiese un crescente dispiegamento militare nella regione, arrivando fino a 50.000 soldati, con un conseguente aumento delle spese per il mantenimento dell’Impero.

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