Alla scoperta degli Unni

Alla scoperta degli Unni

Le origini degli Unni sono controverse. Noi sappiamo solo con sicurezza che erano un popolo nomade proveniente dalla grande steppa eurasiatica. Non conoscevano la scrittura e quindi non disponiamo documenti che provengano direttamente da loro. Anche la loro affiliazione linguistica è incerta perché troppo pochi sono i nomi di persona sicuramente unni che ci sono giunti. Gli Unni compaiono improvvisamente nelle fonti romane verso la fine del IV secolo d.C.

È stata avanzata l’ipotesi, che pone però non pochi problemi, che si tratti della stessa popolazione nomadica degli Hsiung-nu che, oltre tre secoli prima, avevano preso di mira le frontiere settentrionali della Cina degli Han. Ad ogni modo non siamo in grado di ricostruire le cause che spinsero gli Unni verso occidente dopo la metà del IV secolo. Non c’è però dubbio che fu la loro pressione a spingere i Goti sul Danubio nell’estate del 476. Gli Unni erano grandi cavalieri ed abilissimi arcieri. Cavalcavano senza staffe ma utilizzavano pesanti selle di legno che consentivano una forte presa e che creava una piattaforma di tiro stabile.

Massima espansione dell’impero unno (arancione chiaro), 451 circa

Fu dunque la minaccia unna a porre le relazioni tra Goti e Romani su nuove basi e a propiziare una sorta di intesa. Fu proprio il fallimento di questo tentativo, in un’epoca in cui gli Unni non erano ancora presenti in misura massiccia vicino alle frontiere imperiali, a determinare il disastro di Adrianopoli e gli sviluppi della crisi militare romana. È accertato che una gran massa di Unni si era ormai stabilita nell’Europa orientale verso la metà del V secolo occupando la grande pianura ungherese a ovest dei Carpazi. Questo stanziamento fu preceduto, verso il 405, da una replica, su più larga scala, di quello che era accaduto nel 376. Allora la crisi fu determinata dall’occupazione di terre a nord del mar Nero. In questo secondo caso fu l’arrivo degli Unni nella pianura ungherese che provocò la necessità di varcare le frontiere dell’Impero romano da parte dei Vandali, di Radagaiso, degli Alani, degli Svevi e dei Burgundi. È dunque verosimile che l’ingresso massiccio dei barbari all’interno delle frontiere romane all’inizio del V secolo sia stato causato non dalla percezione dell’indebolita capacità di reazione romana ma dall’impatto causato dall’arrivo degli Unni nell’Europa centrale.

Roma era tuttavia ancora in grado di trovare personalità energiche capaci di tentare un’efficace riscossa. I rapporti cogli Unni sono in larga misura dipendenti dall’ultima figura di generale in grado di intraprendere efficaci iniziative, Ezio, che svolse per diversi anni un ruolo di protagonista in Occidente. Flavio Ezio, originariamente un militare di carriera al servizio dell’Impero d’Oriente, era stato prima ostaggio di Alarico e poi prigioniero degli Unni. Nel 433, rinunciando alla porpora, aveva acquisito il controllo del potere di fatto alla corte di Ravenna. Negli anni successivi Ezio riuscì a respingere Franchi e Alamanni al di là del Reno e a sottomettere Burgundi e Alamanni. Ma a sconvolgere questo tentativo di ristabilimento dell’Occidente intervenne l’invasione condotta dai Vandali di Genserico nel 439, dopo la pace stipulata nel 435, delle ricche province dell’Africa settentrionale. In breve i Vandali arrivarono a Cartagine e privarono Ezio di risorse fondamentali per il suo piano di riscossa. Un tentativo di contrattacco organizzato a partire dalla Sicilia nel 440 congiuntamente con Costantinopoli non ebbe seguito perché improvvisamente si palesò una minaccia ancora più grave. Con Genserico fu stipulato un trattato nel 442 con il quale fu riconosciuta la sua posizione di re vassallo dell’Impero. Questa decisione significava l’abbandono di fatto dell’Africa, in particolare della Proconsolare, ai Vandali. Il pericolo da fronteggiare con la massima urgenza veniva da Nord ed era rappresentato dal re unno Attila che pose fine alla forma di collaborazione che il suo popolo aveva prestato nei due decenni precedenti a Roma contribuendo alla sottomissione dei Burgundi e al controllo dei Visigoti. Attila compare sulla scena insieme al fratello Bleda poco prima del 440. La sua prima iniziativa fu quella di rinegoziare i rapporti con l’Impero: a Costantinopoli chiese il raddoppio del sussidio annuo che fu portato da 350 a 700 libbre d’oro. Malgrado l’accoglimento di questa richiesta le ostilità scoppiarono presto per ragioni legate a scambi di prigionieri che non avevano avuto luogo. Gli Unni attraversarono in forze il Danubio e conquistarono una serie di forti e di città di frontiera tra cui l’importante base militare di Viminacium. Anche Naisso, una località strategicamente importante come via di accesso ai Balcani, fu conquistata. In questa campagna gli Unni dettero prova di aver acquisito la capacità di condurre vittoriosamente un assedio e non solo campagne in campo aperto come avevano fatto sino ad allora, cosa che impressionò i Romani.

Rochegrosse George | Attila et les Huns ou L'assaut des Tartares ...

Gli Unni, che dovevano essere al corrente del progetto di spedizione africana da parte di Bisanzio. per il quale era in corso l’allestimento di un notevole contingente militare, erano ormai in grado di minacciare la stessa Costantinopoli. Attila costrinse l’Impero d’Oriente a una pace umiliante nel 442-443 che comportò, tra le varie clausole, un aumento vertiginoso del tributo. Il fatto che nel 444 (o nel 445) Attila facesse assassinare Bleda per regnare da solo suscitò a Costantinopoli speranze di riscossa che indussero a cercare di dilazionare i versamenti in oro dovuti. La reazione di Attila fu molto violenta. Nel 447 scatenò una nuova invasione sperando anche di approfittare del terremoto che aveva colpito la capitale danneggiando gravemente le stesse mura. Malgrado le circostanze favorevoli Attila non riuscì però a stringere d’assedio la capitale ma fu comunque libero di devastare i Balcani e le coste dell’Egeo. Nel frattempo era riuscito a organizzare una sorta di Impero assorbendo sotto il proprio controllo tutte le popolazioni barbariche che via via aveva incontrato nel corso delle sue conquiste.
Le fonti conservano memoria di un piano di Attila di conquista della Persia. È difficile dire se in questa tradizione ci sia del vero. Quello che è certo è che il re unno decise alla fine di muovere guerra in Occidente, pare addirittura su sollecitazione di Onoria, la figlia di Galla Placidia e sorella dell’imperatore Valentiniano III. Nel 451 alla testa di un grande esercito Attila varcò il Reno all’altezza di Coblenza e penetrò in Gallia. La risposta di Ezio fu all’altezza della situazione. Nell’estate di quell’anno mosse incontro al nemico alla testa di un’eterogenea coalizione formata da effettivi degli eserciti romani di Italia e Gallia e di alleati burgundi e visigoti. Attila, che era giunto nei pressi di Orléans, si ritirò più ad Est. In una località non identificata con sicurezza, denominata Campi Catalaunici, si svolse una grande battaglia alla fine della quale gli Unni ripiegarono. Ezio era riuscito a fermare gli Unni.
Attila trascorse l’inverno preparando un’altra grande campagna militare. Nella primavera del 452 varcò le Alpi e assediò Aquileia che oppose una decisa resistenza. Alla fine però riuscì ad espugnarla e ad impadronirsi in rapida successione di molte città della pianura Padana. Alla fine cadde anche Milano. Ma si trattò di un successo effimero. Non molto tempo dopo Attila, apparentemente a seguito di un incontro avuto con un’ambasceria guidata personalmente da papa Leone, decise di ritornare sui suoi passi. La tradizione ha attribuito molto rilievo al ruolo del pontefice e alle sue capacità di persuasione. In realtà l’esercito di Attila era privo del supporto logistico indispensabile per una lunga campagna soprattutto a causa del gran numero di armati al suo seguito. Inoltre il nuovo sovrano di Costantinopoli, Marciano, aveva inviato rinforzi ad Ezio e iniziava ad attaccare le retrovie unne a nord del Danubio. Attila si trovava di fatto chiuso in una morsa che lo indusse a stipulare rapidamente una tregua e a ritirarsi rapidamente verso l’Europa centrale.

The Repulse of Attila | Works of Art | RA Collection | Royal ...

L’esito delle due campagne di Occidente mostrano la fondamentale fragilità dell’impero unno, sostanzialmente privo delle capacità di pianificare campagne militari di lungo periodo. L’unico modo di sostentamento per l’esercito in marcia era il saccheggio con tutta l’aleatorietà che un tipo di approvvigionamento di questo genere comportava. Ad ogni modo Attila, insaziabile di guerre e di conquiste, preparava una nuova guerra in grande stile. La morte lo colse però la notte del suo matrimonio. Con lui finì di fatto anche la minaccia unna che contribuì indubbiamente a scuotere nel profondo l’Impero anche senza riuscire a scuoterne del tutto le fondamenta. Attila, malgrado la sorprendente acquisizione di un’efficace tecnica obsidionale, era privo di una flotta, carenza che di fatto rendeva al di fuori della sua portata in Oriente l’Asia Minore, la Siria e l’Egitto. Ed era per lui molto difficile anche impadronirsi stabilmente dell’Occidente. Si può sostenere, piuttosto, che furono gli esiti indiretti della sua azione ad aggravare la crisi dell’Impero d’Occidente. In Spagna Ezio non fu di fatto in grado di intervenire malgrado la circostanza favorevole dell’abbandono da parte dei Vandali della penisola iberica nel 429. A trarre vantaggio della situazione furono gli Svevi che estesero il proprio dominio dalla Galizia sino alla Lusitania e alla Betica. Un tentativo di riconquista, almeno parziale, di questi territori tra il 442 e il 446 non portò a nulla di concreto. Di fatto nel 452, al momento in cui Attila fu indotto a tornare sui suoi passi, l’Impero d’Occidente aveva perso il controllo sulla Britannia, sulla maggior parte della Spagna, sulle province più ricche dell’Africa settentrionale e sulla Gallia meridionale: di fatto cessava così la possibilità di disporre di entrate sufficienti per far fronte alle esigenze militari.

Il regno unno, peraltro, crollò con rapidità pari a quella con cui si era costituito. I popoli che aveva assorbito nel corso della sua espansione riacquistarono rapidamente la loro autonomia: i successori di Attila si rivelarono infatti incapaci di tenerli sotto controllo. L’impero unno era fondamentalmente un’organizzazione politica instabile, percorsa al proprio interno da tensioni di vario genere. Di fatto, la ragione della sua forza coincideva con quella della sua debolezza, vale a dire la capacità di accrescere il proprio potere a spese dei popoli che venivano sottomessi. In realtà gli Unni non avevano capacità di governare direttamente i popoli soggiogati essendo privi di quegli strumenti burocratici che consentivano ai Romani di elaborare una tecnica efficace di amministrazione su varie popolazioni. Le vittorie conseguite servivano a rafforzare il controllo unno ma non potevano valere a cancellare le tensioni interne. Attila aveva bisogno di vittorie sempre nuove per consolidare il proprio potere.
Quando queste cominciarono ad arrestarsi anche le sue capacità di predominio, almeno sui popoli più periferici e di più recente sottomissione, iniziarono a incrinarsi. La guerra civile che scoppiò alla sua morte tra i suoi figli affrettò ineluttabilmente il crollo dell’Impero unno.

Fonte: Geraci-Marcone Storia Romana

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