Uno dei più celebri architetti del I-II secolo, Apollodoro di Damasco, progettò un complesso termale innovativo per l’epoca sulla sommità del Colle Oppio, nella terza regione augustea, su richiesta dell’imperatore Traiano.
Secondo i Fasti Ostiensi, il 22 giugno del 109 d.C., l’imperatore, celebre per le sue vittorie in Dacia, inaugurò e aprì al pubblico le imponenti terme che aveva fatto costruire sul versante meridionale del colle. Le terme si estendevano su una superficie di circa 60.000 metri quadrati e inglobavano anche strutture preesistenti, come il padiglione esquilino della Domus Aurea di Nerone. Oltre a questi ambienti, furono realizzati nuovi spazi appositamente progettati per fungere da sotterranei di servizio e per collegare le diverse aree delle terme.
Una delle innovazioni più significative del complesso termale era la presenza di una vasta area verde, libera da edifici, circondata da un portico che delimitava il nucleo centrale degli edifici dedicati ai bagni e alla cura del corpo. A differenza delle precedenti costruzioni, orientate lungo l’asse Nord-Sud, questo complesso si sviluppava su un asse Nord-Est/Sud-Ovest. Questa scelta progettuale fu probabilmente influenzata dalla necessità di garantire una migliore esposizione al sole e ai venti, in modo da massimizzare l’esposizione solare degli ambienti riscaldati e mantenere una temperatura interna più elevata e costante.
La ricostruzione della planimetria delle terme si basa su vari disegni e incisioni del Rinascimento, oltre che sui resti monumentali conservati nel parco del Colle Oppio, istituito nel 1936. Ulteriori informazioni provengono da frammenti della Forma Urbis, la grande mappa marmorea risalente all’epoca severiana (inizio III secolo d.C.), originariamente esposta in una sala del Tempio della Pace, costruito durante il periodo flavio.
Le terme di Traiano disponevano di numerosi ingressi che consentivano l’accesso al complesso da ogni lato. L’ingresso monumentale situato a Nord-Est conduceva alla natatio, una grande vasca di acqua fredda. Seguendo lo stesso asse, si trovavano il grande frigidario centrale, il tepidario e il calidario, mentre ai lati erano situati gli spogliatoi e le palestre per gli esercizi fisici. L’ingresso principale a Nord-Est era caratterizzato da un imponente propileo che si affacciava sul Vicus Sabuci e si collegava al Clivus Suburanus, tracciando in parte il percorso dell’attuale via delle Sette Sale.
I resti attualmente visibili delle grandi terme sono costituiti da poche strutture: l’esedra della palestra nella zona est, parte dell’abside di un ambiente nella zona sud, e alcune sezioni murarie incorporate in una piccola costruzione vicina. Del recinto esterno, è conservato il grande emiciclo centrale nella zona sud, di cui oggi rimane il livello inferiore, visibile all’ingresso della Domus Aurea. Si possono ancora identificare le esedre sud-ovest e parte di quella sud-est, probabilmente utilizzate come biblioteche, in linea con la tradizione romana che integrava nelle terme attività motorie, ricreative e culturali, oltre al loro utilizzo principale.
L’esedra a nord-est è ancora visibile lungo il margine settentrionale del Parco, vicino alle Sette Sale, la grande cisterna che forniva l’acqua alle terme.
L’impianto termale probabilmente rimase in funzione fino al V secolo, subendo un graduale abbandono che culminò con il taglio degli acquedotti ordinato da Vitige nel 537. Durante il Medioevo, il Colle Oppio cadde in uno stato di quasi totale abbandono e fu successivamente utilizzato per ospitare orti e vigne, preservando tuttavia le strutture monumentali. Nel XVI secolo, queste strutture furono erroneamente identificate come le “Terme di Tito”. Numerosi bolli laterizi rinvenuti nell’area hanno confermato la datazione all’epoca di Traiano.
All’interno delle antiche terme sono stati scoperti vari mosaici e affreschi, in particolare provenienti dagli edifici sotterranei preesistenti alla costruzione delle terme. Tra questi, spiccano l’affresco della “Città Dipinta”, il “Mosaico della Vendemmia” e un notevole mosaico parietale raffigurante Apollo e le Muse, lungo circa 16 metri. Ricerche recenti hanno escluso la provenienza dalle terme del celebre gruppo del Laocoonte, ora conservato nei Musei Vaticani, suggerendo invece che facesse parte delle decorazioni degli adiacenti Horti Maecenatis.