Antiochia di Siria (o Antiochia sull’Oronte) venne fondata intorno al 300 a. C. per volere di Seleuco I Nicatore, uno dei generali più importanti di Alessandro Magno e divenne in seguito, nel 281 a C., la capitale del Regno dei Seleucidi per più di due secoli.
Antiochia di Siria, oggi corrispondente all’odierna Antiochia, capoluogo della provincia di Hatay in Turchia, fu una delle metropoli più imponenti del mondo antico, soprattutto a partire dall’epoca ellenistica. Insieme a Roma e Alessandria d’Egitto, Antiochia si distingueva come uno dei principali centri commerciali e culturali del tempo. Situata in una regione particolarmente fertile e pittoresca, lungo una curva del fiume Oronte e all’incrocio delle più importanti rotte commerciali dell’Oriente antico, la città si affacciava sul Mediterraneo, il che contribuì al suo rapido sviluppo.
La leggenda narra che il sito di Antiochia fu scelto a seguito di un evento sacrificale, in cui un’aquila, animale sacro a Zeus, si cibò di un pezzo di carne sacrificale proprio in quel luogo. Il nome della città fu dato da Seleuco in onore di suo padre, Antioco.
Dopo anni di turbolenze politiche interne, caratterizzate da ribellioni contro i governanti seleucidi, Antiochia attirò l’attenzione espansionistica di Roma. Nel 64 a.C., con l’intervento di Gneo Pompeo Magno, il giovane sovrano Antioco XIII, ultimo della dinastia seleucide, fu deposto e ucciso. Subito dopo, Roma istituì la provincia di Siria, con Antiochia come capitale.
Durante i secoli di dominazione romana, Antiochia visse un periodo di rinnovato splendore. I Romani compresero l’importanza strategica e commerciale della città, trasformandola in un centro nevralgico per le loro campagne militari contro i Parti e i Persiani.
Nel 37 a.C., Antiochia divenne il quartier generale di Marco Antonio per la sua imminente campagna militare contro i Parti, programmata per l’anno successivo. La città fu anche il luogo del matrimonio tra Marco Antonio e Cleopatra, nonostante il generale fosse già sposato con Ottavia minore. Durante il periodo romano, la popolazione di Antiochia superò i 500.000 abitanti, rendendola la terza città più popolosa del mondo, dopo Roma e Alessandria, ai tempi di Nerone. Oltre a essere un centro strategico, Antiochia fu teatro di eventi significativi, come la morte nel 19 d.C. di Germanico, proconsole e figlio adottivo di Tiberio, probabilmente avvelenato dal rivale Pisone. Nello stesso anno, il re partico Vonone I morì ad Antiochia durante un tentativo di fuga, ucciso dalle sue guardie.
Nel corso degli anni, diversi imperatori romani visitarono Antiochia. Vespasiano, nel 69 d.C., radunò qui le sue legioni in preparazione della prima guerra giudaica. Alla morte di Traiano nel 117 d.C., Adriano, allora governatore della Siria, partì da Antiochia per rendere omaggio alle spoglie dell’ex imperatore. Commodo vi celebrò le Olimpiadi, mentre Settimio Severo, secondo fonti antiche, tolse ad Antiochia il titolo di capitale della provincia di Siria dopo il 198 d.C., attribuendolo a Laodicea come punizione per le derisioni subite dai cittadini durante il suo soggiorno. Nonostante questo, Antiochia continuò a prosperare.
Nel III secolo d.C., Antiochia fu assediata dalle truppe sasanidi guidate da Sapore I, ma venne liberata da Gordiano III nel 242 d.C. Tuttavia, le difficoltà per la città non terminarono qui: i Sasanidi tornarono a minacciare la regione, conquistando l’Armenia e uccidendo il suo sovrano nel 252 d.C. L’anno successivo, l’esercito di Sapore I invase le province orientali dell’Impero Romano, occupando prima la Mesopotamia e poi Antiochia, dopo aver sconfitto i Romani a Barbalisso. La città subì devastazioni, con molti abitanti uccisi e altri fatti prigionieri.
In quel periodo, Roma perse rapidamente molte delle sue roccaforti orientali, come Carre e Nisibis. L’imperatore Valeriano riuscì a riconquistare Antiochia, ma la città cadde nuovamente poco dopo, e Valeriano fu catturato dai Sasanidi. La cattura dell’imperatore lasciò l’Oriente vulnerabile agli attacchi di Sapore I, che occupò territori romani fino a Tarso, nell’attuale Turchia.
Tuttavia, i Romani, guidati dall’ufficiale Fulvio Macriano e dal prefetto del pretorio Ballista, riuscirono a lanciare una controffensiva. A loro si unì Odenato, futuro sovrano del Regno di Palmira, che con le sue truppe intercettò e sconfisse i Persiani in ritirata sull’Eufrate, annientandoli prima che riuscissero a attraversarlo. L’imperatore Gallieno apprezzò l’impresa di Odenato, e dopo che quest’ultimo sconfisse e uccise nel 261 d.C. il ribelle generale Ballista, gli conferì il titolo di dux romanorum. Gallieno permise inoltre a Odenato di assumere il titolo di “re dei re”, ponendolo in diretta opposizione con il Gran Re di Persia, Sapore I, e riconoscendogli un’autorità regale su tutta la provincia romana di Siria.
Nel 272 d.C., Antiochia tornò definitivamente sotto il controllo romano. Durante il regno di Diocleziano, la città divenne una delle capitali dell’Impero. Nel 303 d.C., Diocleziano stesso la scelse come una delle sue residenze imperiali, facendovi costruire un palazzo imperiale, quattro complessi termali, un ippodromo, templi dedicati a Giove e alla Nemesi, oltre a un ponte sull’Oronte. Antiochia continuava così a confermarsi come una città fiorente e in continua espansione. Con l’avvento dell’imperatore Costantino e la concessione della libertà di culto ai cristiani, Antiochia divenne la sede del Patriarca d’Oriente, diventando un importante centro religioso e una meta di pellegrinaggio.
Tuttavia, nel 387 d.C., la città visse nuovamente momenti difficili. L’aumento delle tasse imposto dall’imperatore Teodosio il Grande provocò violente proteste tra la popolazione. Gli abitanti di Antiochia sfregiarono i ritratti dell’imperatore e abbatterono le statue che raffiguravano lui e sua moglie Flacilla. Furioso, Teodosio decretò la distruzione di Antiochia, ma grazie agli interventi del vescovo Flaviano, del predicatore Giovanni Crisostomo e del retore Libanio, la città fu risparmiata dalla distruzione. Tuttavia, la punizione per la ribellione fu severa: Antiochia perse il suo status di metropoli.
Circa un secolo dopo il sacco di Roma, Antiochia divenne nuovamente teatro di conflitti, questa volta tra Sasanidi e Bizantini, che si contendevano il controllo della città. In questo periodo, Antiochia fu devastata da tre terremoti catastrofici che la rasero praticamente al suolo. Il primo, avvenuto nel 526 d.C., seguito da un grande incendio che l’aveva colpita l’anno precedente, causò la morte di oltre 250.000 persone e distrusse la grande cattedrale ottagonale eretta dall’imperatore Costanzo II. I successivi terremoti, che provocarono altre numerose vittime, si abbatterono su Antiochia nel 528 e nel 588 d.C.
Della città ellenistica rimangono pochi resti visibili oggi, tra cui il teatro greco, i cui resti si trovano ancora lungo il fianco del monte Silpio, e il grande palazzo reale, probabilmente situato sull’isola. La scarsità di resti archeologici relativi ai periodi ellenistico, romano e bizantino è dovuta a una serie di devastanti terremoti e alluvioni che, nel corso del tempo, hanno portato all’interramento dei siti a profondità significative, rendendo difficile l’accesso. Gli strati archeologici di Antiochia si trovano a varie profondità: quello medio-bizantino a circa quattro metri sotto il livello attuale della strada, quello giustinianeo a sette metri, quello romano a più di otto metri, e quello ellenistico a ben undici metri.
La maggior parte delle informazioni sui monumenti e l’arte di Antiochia proviene dagli scavi condotti dall’Università di Princeton tra il 1932 e il 1939, che furono interrotti bruscamente dallo scoppio della Seconda Guerra Mondiale. La città si estendeva in tutte le direzioni con ampi sobborghi, alcuni anche al di fuori delle mura costruite dall’imperatore Teodosio. Il sobborgo più famoso era quello di Dafne, situato a ovest della città, descritto come un luogo lussureggiante e incantevole, che ospitava il tempio dedicato ad Apollo, il santuario delle Ninfe, diverse fontane e un bosco di cipressi.
Le opere più antiche di Antiochia, di cui abbiamo conoscenza grazie a fonti storiche e incisioni su monete, includono il tempio di Iside, eretto intorno al 260 a.C. sotto Seleuco II, e il Buleuterio, il palazzo senatoriale costruito durante il regno di Antioco IV. Un altro elemento di grande importanza per lo sviluppo della città fu la via carovaniera, che ne favorì il commercio. In seguito, l’imperatore Tiberio arricchì questa via con portici che ospitavano botteghe, trasformando il tratto urbano in una grandiosa strada colonnata. Durante la ricostruzione della città, dopo i devastanti terremoti dell’epoca giustinianea, le vecchie colonne furono recuperate e, sopra uno strato di circa un metro e mezzo di macerie, venne stesa una nuova pavimentazione in pietra lavica. La via colonnata terminava a nord con la Porta di Beroea-Aleppo e a sud con la Porta per Dafne.
Sotto il regno di Giulio Cesare, furono costruiti a ridosso del monte Silpio un teatro, un anfiteatro, bagni pubblici, un acquedotto e una basilica, nota come Cesareo. Successivamente, altri imperatori romani, come Commodo, arricchirono ulteriormente la città, con la creazione di una passeggiata pubblica, chiamata xystus.
L’ippodromo di Antiochia è un’altra struttura di notevole importanza. Quando la spedizione dell’Università di Princeton giunse nel 1932, i resti dell’ippodromo erano tra le poche rovine visibili e quindi furono i primi a essere scavati. Monete e frammenti di ceramica tardo-ellenistica ritrovati nelle fondamenta suggeriscono che l’ippodromo originale fu edificato durante il proconsolato di Quinto Marcio Re, intorno al 67 a.C. Nella sua versione più tarda, probabilmente ricostruita dopo il terremoto del 115 d.C., l’ippodromo misurava circa 500 metri di lunghezza e 70-75 di larghezza, con una capacità di circa 80.000 spettatori.
Un altro elemento architettonico di grande rilevanza per Antiochia era il palazzo imperiale romano, iniziato sotto Valeriano e completato durante la tetrarchia, sotto Diocleziano. Situato a nord dell’Oronte, il palazzo divenne la residenza dell’imperatore e della sua corte, comprendendo edifici di rappresentanza, militari e amministrativi. Secondo lo storico Libanio, il palazzo era fortificato con torri e mura, simile a un castello, e aveva un accesso diretto al circo, costruito nel I secolo a.C. e ristrutturato successivamente. Libanio afferma inoltre che il palazzo occupasse un quarto dell’intera isola.
Il palazzo fu gravemente danneggiato dal terremoto del 458 d.C. e quasi completamente distrutto da quello del 526 d.C. Oggi, non rimangono tracce archeologiche del palazzo, poiché il corso del fiume è stato deviato e ha spazzato via i resti. Gli unici reperti trovati nelle vicinanze sono quelli del circo.
A partire dal tempo di Costantino, iniziarono a sorgere chiese cristiane, di cui abbiamo notizia da numerose fonti, anche se nessuna di queste è sopravvissuta fino ai giorni nostri. Costanzo I fece erigere una grande chiesa ad Antiochia, i cui lavori iniziarono nel 325 d.C. e terminarono nel 341 d.C. sotto Costanzo II. Questa chiesa, situata probabilmente nei pressi del palazzo imperiale sull’isola, è considerata un prototipo architettonico che influenzò la successiva architettura bizantina e islamica. La chiesa fu gravemente danneggiata nel terremoto del 526 d.C. e distrutta definitivamente da quello del 588, senza mai essere ricostruita.
Degno di nota è anche lo splendido Tempio della Concordia (Omonoia), noto anche come Domus Aurea o Tempio Massimo o Ottagono d’Oro. Costruito su ordine di Costantino e annesso al palazzo imperiale, questo tempio presentava una pianta a quadriconco, sormontata da una cupola dorata e preceduta da un nartece, una struttura tipica delle basiliche dei primi secoli del cristianesimo.
Infine, va menzionato il celebre Martyrium o koimeterion, situato fuori porta Dafne, dove furono sepolti numerosi martiri, tra cui Sant’Ignazio, San Babila, Iuventino e Massimino, San Giuliano e la vergine Drosis. Questo luogo divenne una meta di pellegrinaggio venerata da molti fedeli.